Solo pronunciare quel nome fa inorridere. Parrelli è diventato ormai un simbolo della crudeltà perpetrata nei riguardi degli animali.
Il canile Parrelli, in Via Prenesetina a Roma, fu fondato negli anni Sessanta dal veterinario Giuseppe Parrelli. Anche dopo la morte del noto veterinario, continuò la sua attività con la vedova, Pina.
Per anni furono denunciati metodi crudeli e uccisioni di cani perpetrati all’interno della struttura.
Lo stesso presidente della Lav, Gianluca Felicetti, ha ricordato la lunga battaglia, in un tweet, pubblicato lo scorso 2 ottobre, in occasione della sentenza con la quale la vedova Parrelli e i suoi due collaboratori sono stati condannati per maltrattamento di animali.
“Nel 1979 appena iscritto a @LAVonlus ho subito sentito parlare del canile Parrelli a Roma. Dopo 35 siamo riusciti a farlo chiudere e dopo 40 a farlo condannare in Tribunale”.
La vicenda Parrelli sta giungendo al termine dopo che nel 2013 venne finalmente posta sotto sequestro la struttura.
Dopo anni di segnalazioni e di denuncie, il canile lager di Via prenestina venne sequestrato nel 2013 dal Nirda, a seguito del sequestro preventivo del rifugio disposto con un decreto del gip Anna Maria Fattori.
Nel decreto, erano stati evidenziati diversi elementi tra i quali “la detenzione di circa 500 cani e gatti di varie razze ed età”, un numero elevato rispetto alle potenzialità della struttura. Ma non solo.
Il gip aveva anche evidenziato presunte sevizie. Cani e gatti erano sottoposti “a comportamenti e fatiche insopportabili, rinchiusi in gabbie fatiscenti e di dimensioni inidonee”.
Durante le indagini e il controllo dell’attività furono infatti accertate condizioni di maltrattamento e condizioni incompatibili di detenzione degli animali.
Tra i reati ipotizzati vi erano quelli di maltrattamento di animali (art. 544 ter del Codice penale), detenzione incompatibile (art.727 C.p.) ed esercizio abusivo della professione medica (art. 348 C.p.).
Il canile era gestito dalla vedova del noto veterinario romano, Giuseppina Lacerenza che fu più volte denunciata dai cittadini. Già nel 1994, durante un blitz nel canile, furono trovate 40 carcasse di cuccioli soppressi e congelati.
La struttura tendeva a sopprimere gli animali ospitati e rendeva difficili le adozioni.
Gli stessi volontari che operavano nella struttura erano “ostacolati nel prendere in adozione gli animali e diventa difficile perfino farsi affidare temporaneamente gli animali malati da sottoporre a visita veterinaria”. Ricordava la Lav.
All’indomani del sequestro sono emersi dei file audio inviati da alcuni volontari del Parrelli alla Feder F.I.D.A. , la Federazione Italiana per i Diritti degli Animali.
Loredana Pronio, presidente di Feder F.I.D.A. affidò i file ai carabinieri. L’audio conteneva dei frammenti di conversazione tra l’anziana proprietaria Pina e Cristina, la sua collaboratrice di origine romena.
“Ogni cane morto è uno di meno”, “Dobbiamo sopprimerli, è pronta la siringa?” oppure “Quanto mi piacerebbe che morissero!”. Sono le frasi pronunciare dalla vedova del veterinario romano.
Ascolta l’audio di Giuseppina Lacerenza
Il contenuto di questi file audio sono stati fondamentali per la Procura di Roma. Tra la documentazione centinaia di fotografie tra le quali quella di una zampa canina con un’unghia lunga una decina di centimetri, che indica l’incuria da parte degli operatori.
Queste condotte omissive nella cura dei 4zampe, hanno fatto scattare la condanna sia alla vedova Parrelli che per i due lavoranti romeni (una coppia, marito e moglie).
Assolti invece i medici veterinari Asl che dovevano controllare la struttura.
La vedova e i suoi assistenti sono stati condannati ai sensi dell’articolo 727 del codice penale («Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro»).
Giuseppina Lacerenza oggi 94enne al momento della lettura del verdetto, lo scorso 2 ottobre, non era presente nell’aula della VII sezione del tribunale, a piazzale Clodio.
I tre imputati sono stati condannati a due mesi di reclusione per abbandono di animali, mentre l’uccisione dei cuccioli non è stata provata.
Immediato il commento della Lav che per anni ha seguito il caso Parrelli, esprimendo amarezza per l’assoluzione dei veterinari Asl.
“Canile #Parrelli (Roma): condannati gestore e inservienti per gravi sofferenze inflitte agli animali. Amarezza per assoluzione veterinari Asl: dovevano evitare detenzioni incompatibili”.
In un comunicato la Lav ha reso noto di attendere “le motivazioni della sentenza”, esprimendo “amarezza per una pronuncia ottenuta solo adesso e stupisce che, al di là di Associazioni e volontari impegnati dalla parte degli animali, nessuno, anche chi doveva per compiti di vigilanza e controllo previsti dalla Legge, sia intervenuto prima per evitare sofferenze ai cani e ai gatti detenuti in condizioni orribili”.
Soddisfazioni espresse da Loredana Pronio, presidente FederFida, sostenuta dall’avvocato Francesco Desideri.
“E’ stato un processo lungo e molto articolato. Avere ottenuto la condanna della titolare del rifugio, la signora Parrelli, e dei suoi operai, al di là della pena esigua, va considerata una vittoria importante, non soltanto simbolica”. E’ quanto ha commentato Pronio.
La presidente FederFida ha infatti evidenziato che questa condanna “è la prova del fatto che la giustizia esiste e ti raggiunge anche se hai la veneranda età di 94 anni! Questa sentenza sia da monito a tutti quelli che pensano di cavarsela dicendo Tanto sono solo animali!”.
Tweeet di Gianluca Felicetti, presidente Lav:
C.D.
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