Una tragedia che si è consumata a Mascalucia, ai piedi dell’Etna, dove due dogo argentino di 3 e 8 anni hanno aggredito un bambino di 18 mesi, al quale non hanno lasciato scampo. Nel tentativo di salvare il proprio figlio, anche la madre di 34 anni è stata ferita, riuscendo poi a placare i cani e a chiuderli nel loro gabbione.
Il triste caso di cronaca è rimbalzato sulle pagine dei quotidiani, accompagnato come sempre in questi fatti, da una scia di polemiche, per cui è stato nuovamente portata in primo piano l’utilità di un patentino per alcune razze di cani potenzialmente pericolose.
Puntuale l’intervento dell’Associazione Italiana difesa animali e ambiente (Aidaa) che, in una nota, sottolinea che la madre è ora indagata per omicidio colposo, “un atto dovuto”, secondo il Procuratore di Catania, mentre gli inquirenti hanno accertato che il neonato era solo al momento dell’aggressione. In base alla ricostruzione dei fatti, la madre sarebbe intervenuta solo dopo le urla di una vicina di casa.
Pertanto, l’Aidaa, onde evitare di demonizzare i due cani, ha chiesto di fare chiarezza sulla vicenda:
“Innanzitutto ci dispiace per quello che è accaduto e chiediamo alla giustizia di fare piena luce su questa vicenda, la morte di un bambino è sempre una disgrazia enorme ma non ci si fermi all’atteggiamento dei cani, i cani per aver attaccato è perché sono stati in qualche modo istigati, non sappiamo se erano addestrati alla difesa, ma certamente non hanno ucciso per il gusto di farlo, pertanto si valuti sia lo stato di salute degli animali, ma anche il comportamento che noi riteniamo grave e scorretto della madre che ha lasciato un bimbo di 18 mesi da solo in balia di due molossi che probabilmente hanno attaccato il bimbo a causa di un fraintendimento dei gesti dello stesso piccolo”, scrive Aidaa, auspicando “indagini trasparenti sulle motivazioni reali per cui quella donna e madre ha lasciato il bimbo in balia di due cani notoriamente reattivi a certi movimenti improvvisi. Non vogliamo gettare la croce addosso a nessuno, ma a nessuno venga in mente di gettare la croce addosso ai cani che in fondo, forse non hanno fatto altro che quello per cui erano stati addestrati”.
In un post pubblicato sul suo blog, Aidaa ha poi pubblicato le fotografie del luogo in cui i cani venivano reclusi: un box in cemento, di pochi metri, piuttosto fatiscente.
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