I cani possono aiutare l’uomo a sviluppare le difese immunitarie contro i virus
Lo scenario che si è delineato con l’emergenza pandemia da Coronoavirus ha portato a numerosi interrogativi sul sistema globale e i numerosi rischi riguardo la diffusione dei virus. Negli ultimi anni sono emersi alcuni virus quali la Sars o la suina che hanno dimostrato gli effetti e le ripercussioni di un sistema di sfruttamento intensivo e di prossimità che ha alimentato l’insorgenza di questi virus, la loro diffusione e soprattutto la loro sopravvivenza grazie alle facoltà evolutive e di adattamenti dei virus.
I biologi hanno infatti ricordato che ci sono due tipi di virus: RNA e DNA. I virus RNA sono ‘adattogeni’ ovvero si modificano sul corpo di ogni persona. La stragrande maggioranza dei virus come il coronavirus, sono RNA messaggeri, portatori d’informazioni, ovvero prendono informazioni sugli altri. Per questo, è spesso difficile trovare un vaccino efficace. E’ possibile invece potenziare o fortificare le difese immunitarie che lo contrastano.
Quello che emerge da uno studio condotto dall’Università Cattolica di Roma, in collaborazione con l’Università Magna Graecia di Catanzaro e l’Università Statale di Milano è un’ipotesi affascinante per cui ancora una volta, i nostro compagni a 4zampe, si rivelano il migliore amico dell’uomo.
Lo stesso presidente Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi), Marco Melosi aveva dichiarato all’Adnkronos, che “è più sicuro abbracciare un cane che stringere la mano a uno sconosciuto. La trasmissione del Covid-19 avviene esclusivamente da uomo a uomo e non ci sono prove che gli animali da compagnia possano contrarre o trasmettere la malattia”. Evidenziando come gli animali in realtà a differenza di quanto sostenuto riguardo alle zoonosi, aiutano le persone a sviluppare le difese immunitarie. Una tesi più volte sostenuta e ribadita dagli scienziati che suggeriscono di introdurre un animale domestico nella vita di una famiglia soprattutto con i bambini per aiutarli a sviluppare queste difese immunitarie.
Per contrastare la diffusione del coronavirus sono in corso numerose ricerche tra le quali rientra quello della Cattolica, di Catanzaro e della Statali di Milano che hanno in realtà sviluppato la teoria che i cani ma anche i bovini potrebbero aiutare le persone a sviluppare difese immunitarie contro il covid-19.
Come viene riportato da Il Giornale, i ricercatori sono partiti dalla proteina dello “spike” presente nel coronavirus umano che avrebbe delle similitudini con quello canino e bovino. Una proteina che riveste il virus grazie alla quale si lega alle cellule e le infetta. Tuttavia la similitudine con quella animale consiste nel fatto che la famiglia “Coronaviridae” ha diverse sottofamiglie tra le quali quella del Betacoronavirus, ospite in molti animali come cani e bovini.
I ricercatori hanno così confrontato la proteina “spike” dei virus umani (sars-covid-19) con quella coronavirus canino e bovino. Arrivando a scoprire che sono simili. Inoltre, sarebbe state riscontrate similitudini nelle parti dello spike che sviluppa difese immunitarie (epitopi) per cui viene spiegato che “l’esposizione dell’uomo a un coronavirus canino o bovino potrebbe indurre la produzione di anticorpi parzialmente protettivi nei confronti dell’infezione da Sars-CoV-2”.
La teoria che al momento è ancora un’ipotesi potrebbe inoltre spiegare le forme asintomatiche e meno violente della malattia.
“Ci piacerebbe arrivare a dimostrare un giorno che l’esposizione ad alcuni animali domestici, ci consente di sviluppare delle immunoglobuline protettive, che permettono di dare luogo a un’infezione da Covid in forma attenuata, in caso di esposizione. Ma per adesso è senz’altro prematuro fare queste affermazioni”, ha commentato il professor Andrea Urbani, direttore Area Diagnostica di Laboratorio del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e ordinario di biochimica clinica e biologia molecolare clinica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Ancora una volta il ruolo degli animali nella vita delle persone si potrebbe rivelare salvifico. Non tanto per sviluppare un vaccino quanto per sviluppare difese immunitarie, nel quotidiano. Sicuramente, potrebbe rivelarsi utile, in futuro, un’indagine sulla presenza o no di animali nelle famiglie più colpite dal virus in modo da mettere a confronto i risultati.
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C.D.
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