Il destino di un cane pericoloso chiuso per anni dietro le sbarre di un box in canile. Condannato alla solitudine
Il caso di Tyson ha commosso molte persone che si sono unite per aiutarlo e rendere migliori gli ultimi anni della sua vita.
La sua storia è simile a quella di cani considerati pericolosi e mordaci che finiscono in un canile. Isolati e abbandonati dietro alle sbarre di un box, senza mai socializzare o uscire all’esterno.
Tyson è un simil rottweiler, portato al canile-lager Parrelli di Roma. Dopo il sequestro del canile fu poi trasferito al canile di Villa Andreina di Pet Land convenzionato con Roma Capitale e con il Comune di Ciampino, situato in zona Acilia a sud di Roma.
Tyson venne portato in quella struttura con il fratello Zac che morì l’anno seguente per motivi che denuncia Animalisti Italiani “non furono mai resi noti”.
Per Tyson, la vita nel canile è stata una vera e propria sopravvivenza. Fu messo nel cosiddetto settore 100, che come il settore 200 vieta totalmente l’ingresso ai volontari. I cani detenuti in quei settori sono considerati pericolosi e vengono pertanto isolati e dimenticati da tutti.
“Da quel giorno nessuno ha più avuto sue notizie“, scrive Animalisti italiani, così come degli altri animali stanziati in tali aree.
Isolamento in canile
5 anni, 43800 ore di solitudine e disperazione fino a quando, una volontaria ha segnalato Tyson all’attenzione dell’associazione Animalisti Italiani che ha deciso d’interessarsi al caso, riuscendo a liberare Tyson.
“Dopo una strenua battaglia: lettere inviate al comune di Roma, interrogazioni da parte di differenti esponenti politici per il divieto d’accesso al canile ai volontari, investigazioni e mobilitazioni istituzionali, riusciamo ad opporci all’ostruzionismo subito che impediva ai nostri volontari l’accesso al canile, scoperchiando definitivamente una serie di ignobili maltrattamenti inflitti sistematicamente agli animali che il Comune di Roma dovrebbe invece accudire e custodire”.
Quando il cane è stato finalmente liberato nel mese di novembre, era docile e mansueto.
“L’isolamento sociale è, fra tutti i maltrattamenti che si possano somministrare a un cane, il peggiore e il più subdolo, perché il cane è un animale sociale e ciò non significa semplicemente che ama stare in compagnia ma è inerente la sua intelligenza sociale che coinvolge in maniera complessa e totalizzante la sua presenza nel mondo, la sua emotività, la sua intraprendenza, le sue motivazioni ad agire, la sua voglia di vivere. Cani in isolamento, senza una cuccia che protegga le loro ossa stanche dall’umidità del pavimento, box asettici in cui sono lasciati a marcire, in balia dell’incuria più totale e del mostro della solitudine: questo accade nella civilissima capitale, alle soglie del 2020, non nel medioevo”.
Dopo 5 anni, grazie ai volontari, Tyson ha ritrovato la libertà. “Ha sfiorato un prato verde, respirato aria pura, sentito il profumo di quel sogno chiamato libertà. Lui fa parte della schiera degli ultimi, degli invisibili a cui è stata rubata la speranza, relegati in freddi box in cui hanno trascorso ingiustamente troppi anni delle loro vite”, sottolinea l’associazione.
Cani pericolosi in canile
Emanuela Bignami Responsabile Nazionale Randagismo degli Animalisti Italiani che ha seguito la vicenda e la liberazione di Tyson ha aspramente criticato l’operato della gestione di Tyson, così come quella di migliaia di altri cani che come lui sono condannati in partenza.
“Non è ammissibile che al giorno d’oggi esistano realtà tanto gravi da arrecare inaudite sofferenze e maltrattamenti agli animali. Ancora oggi attendiamo dal Comune di Roma gli elenchi degli animali per i quali i cittadini pagano e il motivo per cui continuino a esistere settori inaccessibili ai volontari. Non ci fermeremo, tolleranza zero nei confronti di qualsiasi irregolarità, illecito e soprattutto forma di abuso sui più deboli”.
Animalisti Italiani, in una nota, ha poi spiegato che “oltre ai settori 100 e 200 abbiamo scoperto anche un invalicabile settore 400 in cui da poco sono stati trasferiti altri animali di cui non abbiamo avuto notizie chiare. Non comprendiamo, altresì, il motivo per cui ai volontari di Villa Andreina venga chiesto l’obbligo di indossare scarpe antinfortunistiche e caschi per addetti ai lavori”.
Gestione cani in canile
Purtroppo, il caso di Villa Andreina non è l’unico e i controlli da parte delle autorità sono carenti.
Animali condannati non solo all’isolamento, senza nessuna speranza di essere recuperati.
Quei box sono anche “gabbie dell’indifferenza e dell’oblio” dove vengono confinati per anni e a vita, senza possibilità di recupero.
“La storia di Tyson, come quella di migliaia di altri animali nei canili, è sotto gli occhi di tutti ma in pochi vogliono vederla realmente. Le Istituzioni latitanti, gli abusi dei gestori privati dei canili, l’assenza di adozioni mostrano una totale indifferenza degli stakeholders il cui unico fine è continuare a lucrare all’insegna dei maltrattamenti degli animali e dello spreco di denaro pubblico”.
“I canili devono essere luoghi di passaggio non di detenzione a vita. Invece nei canili privati, con cui in molti casi i comuni si convenzionano, spesso non c’è attenzione a promuovere le adozioni dei cani, innocenti eppure prigionieri, ma solo verso i soldi che i comuni stessi riversano nelle tasche di chi gestisce la struttura”, denuncia Animalisti italiani, ricordando che “i soldi pubblici, lo ricordiamo ancora una volta, soldi di tutti noi cittadini” e che i comuni hanno il “dovere di tutelare la vita degli animali di cui è responsabile”.
C.D.
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