Ancora brutalità contro gli animali: l’ultima vittima è Birillo, un cane di sei anni di San Costantino Calabro, duemila abitanti in provincia di Vibo Valentia. Era un randagio, ma dall’aspetto mansueto. Nessuno aveva mai mostrato fastidio nei suoi confronti, ma evidentemente qualcuno aveva celato un rancore ingiustificato. Un rancore che lo ha portato a giustiziare con due colpi di arma da fuoco allo stomaco il povero Birillo.
La Calabria non è purtroppo nuova a questo tipo di gesti così violenti, si pensi alla vicenda del cane Angelo, da poco diventata un cortometraggio. Altrettanto brutale, più di recente, la drammatica fine di Billy, un cagnolone buono di un quartiere di Zungri, in provincia di Vibo Valentia. L’animale veniva accudito dai proprietari di un bar. Il povero cane è stato percosso, poi impiccato e infilzato con un oggetto appuntito.
Ma se esiste un limite alla barbarie umana, forse stavolta è stato davvero oltrepassato. In base a quanto si apprende dai quotidiani locali, chi ha agito lo ha fatto davvero con una ferocia senza pari. A lanciare l’allarme, sono stati alcuni abitanti della zona, che sentiti i colpi di arma da fuoco sono corsi in strada.
Birillo si stava allontanando sanguinante verso la sua cuccia, costruita da una famiglia che lo accudiva e che è stata avvisata da una bambina, scioccata per l’accaduto. A dare soccorso al povero Birillo anche un animalista della zona. Il cane è stato portato dal veterinario che era in gravissime condizioni. Ma per lui non c’è stato nulla da fare. Birillo è morto poco dopo per le conseguenze dell’emorragia. La premura e la tempestività di chi l’ha soccorso, dunque, non hanno potuto nulla contro la brutalità dell’uomo, a cui va aggiunta una buona dose di omertà da parte degli abitanti della zona.
Enrico, che con Birillo aveva un rapporto speciale, spiega: “E’ stata una ragazza ad accorgersi del cane ferito e chiamare mio padre. Così lo abbiamo recuperato, steso su un lenzuolo e portato dal veterinario». Ma Birillo era stanco, aveva perso troppo sangue: “Lo hanno intubato, hanno fatto il possibile. Ma è morto”. Il cane a San Costantino Calabro era una sorta di mascotte, in tanti se ne prendevano cura, nonostante non avesse una famiglia. In sostanza, il suo carattere affettuoso aveva fatto in modo che di famiglie ne avesse tante. E che oggi lo ricordano con un velo di tristezza.
GM
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