Prosegue la strage dei delfini nella baia di Taiji in Giappone
Occhio non vede, cuor non duole. Ogni anno, un migliaio di delfini vengono catturati per essere destinati in parte ai parchi acquatici e in parte al mercato alimentare.
Da settembre a marzo, la baia di Taiji in Giappone si macchia di sangue e sul posto si danno appuntamento le organizzazioni internazionali di tutela e difesa della fauna marina, per denunciare l’orrore.
La Dolphinproject di Ric O’Barry’s monitora da diversi anni questo scempio. Con il nuovo anno, l’organizzazione ha raccolto immagini sconfortanti. Quelle della cattura di un branco di 120 delfini, imprigionati per quattro giorni all’interno della baia, con delle reti, in attesa della selezione degli esemplari.
“In totale 71 esemplari sono stati catturati per essere messi in cattività. Gli altri 50 esemplari sono stati liberati, senza la metà del loro branco. Non è dato sapere se riusciranno a sopravvivere a questo trauma”, scrive la Dolphin Project, pubblicando il video e le fotografie della cattura.
La dinamica è sempre la stessa. I delfini che transitano al largo della costa, vengono spinti dalle barche dei cacciatori nella baia, dove restano intrappolati dalle reti che creano delle barriere di contenimento. Successivamente, i pescatori effettuano la selezione degli esemplari da destinare al settore dell’intrattenimento e quelli da mandare al macello. Infatti, è molto raro che un delfino si riproduca in cattività. Per questo, ancora oggi, i delfini destinati agli acquari e ai delfinari o parchi acquatici sono nella maggior parte stati catturati in mare. Un delfino catturato e addestrato arriva a costare 400mila euro. Un mercato redditizio e appetitoso per chi lucra sulla pelle di questa specie.
Durante la selezione, i delfini già stressati dalle condizioni di cattura e di prigionia, lottano e si dimenano per la propria sopravvivenza. “Cercano di tenere lontani i pescatori, si fanno male con la rete cercando di scappare. La baia durante la selezione si colora del sangue delle ferite dei delfini”. Spiega lo staff dell’organizzazione.
Dopo la selezione, i delfini che non sono stati selezionati, vengono scartati e riaccompagnati dalle barche dei pescatori, al largo. L’aspetto più straziante è che vengono in questo modo separati dalla loro famiglia e per molti è un momento doloroso, un trauma al quale è difficile sopravvivere. I delfini vivono tutta la vita nella sua famiglia che arriva anche a formare piccoli gruppi di una quindicina di esemplari. Genitori, figli, cugini e zii che garantiscono la sopravvivenza della famiglia all’interno del branco.
“Questa sofferenza proseguirà fintanto ci sarà richiesta una richiesta di delfini ai fini dell’intrattenimento e finché ci saranno persone che acquisteranno biglietti per andare a vedere i delfini”.
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Il post di denuncia della Dolphin Project:
C.D.
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