L’Australia si prepara a cacciare e a uccidere i cavalli selvatici sopravvissuti agli incendi
La legge della sopravvivenza, le strategie politiche di contenimento delle specie e di conservazione dell’ecosistema ricadono sempre e unicamente su di loro: gli animali.
Mai che l’uomo di sua spontanea volontà imponga a se stesso dei limiti per tutelare l’habitat di altre specie. Al contrario, dopo aver danneggiato l’ambiente, importato specie di animali in altri continenti, sconvolto quello che è il delicato equilibrio di un ecosistema, provvede lui stesso all’eliminazione del problema, evitando di confrontarsi con la questione etica.
E così, di fronte al problema siccità, all’indomani della devastante stagione degli incendi che ha drasticamente ridotto la popolazione di specie animali, il governo australiano aveva deciso di abbattere 10mila cammelli. La Somalia che si rese disponibile ad accoglierli non venne considerata e a metà gennaio 2020, sono stati abbattuti 5mila cammelli per ridurre il rischio siccità. Nonostante le proteste e le critiche degli animalisti, le autorità hanno provveduto alla strage. Gli esemplari sono stati abbattuti a colpi di fucile dagli elicotteri.
Il Dipartimento South Australian Environmental and Water Administration ha poi rilasciato una dichiarazione nella quale sottolineava che la popolazione dei cammelli si era così incrementata tanto da mettere a repentaglio la vegetazione. Secondo i dati, vi sarebbero ben un milione di cammelli in tutto il continente. Il dipartimento di conservazione dell’ambiente ha assicurato che gli animali non hanno sofferto.
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Non solo i cammelli. Negli anni precedenti l’Australia ha dato vita ad una caccia alle streghe spietata nei riguardi dei gatti, considerati un specie aliena infestante. Nella politica di contenimento era previsto l’abbattimento di 2 milioni di felini domestici.
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Cavalli selvatici in Australia
A questo si aggiunge la decisione di ridurre la popolazione di cavalli selvatici chiamati brumbies che vivono nel Kosciuszko National Park del Nuovo Galles del Sud. Mandrie di cavalli che da 200 anni vivono in branchi nel territorio, scappati dagli allevamenti e sfuggiti dai recenti incendi.
Nonostante la catastrofe naturale che ha colpito questi animali, anziché offrire un sostegno, il Governo australiano ha deciso l’abbattimento di almeno 4mila esemplari per proteggere l’ecosistema.
La maggior parte di questi animali sarà destinata ai macelli per poi essere venduti per la loro carne. E’ quanto ha confermato lo stesso portavoce del National Parks and Wildlife Service del Nuovo Galles del Sud.
La riserva naturale accoglie 25 mila esemplari. La popolazione dei brumbies si sarebbe raddoppiata negli ultimi 5 anni. Nonostante dopo gli incendi, è impossibile effettuare una stima precisa sul numero di esemplari sopravvissuti, le autorità hanno comunque ordinato l’abbattimento di migliaia di cavalli.
Anche in questo caso, per le autorità questi animali danneggiano l’ambiente e hanno difficoltà a sopravvivere in quel contesto. Tanto che molti branchi si sono spostati in delle zone più floride, come le pianure di Nungar, Cooleman, Boggy e Kiandra. Aree abitate da “specie minacciate e aree ecologiche sensibili” che giustificano la decisione delle autorità di abbattere i cavalli.
Una pratica che non trova giustificazioni e che evidenzia l’assenza di politiche di contenimento con progetti alternativi come la sterilizzazione. Le stesse procedure sono anche applicate negli Zoo dove è stato denunciato che oltre 5mila animali vengono soppressi ogni anno negli zoo europei per contenere il sovrappopolamento e il rischio di accoppiamenti consanguinei.
Ci chiediamo se sia questo il modo di tutelare gli animali.
C.D.
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