Dati funesti quelli riguardanti il numero degli animali uccisi nel 2015 per la sperimentazione e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n.95 del 24 aprile 20171, previste dalla Direttiva 2010/63/UE dal Ministero della Salute recepita in Italia con il decreto legislativo n.26/2014.
In una nota, la Lav pure evidenziando che dalle statistiche si evince che il numero totale di animali è in leggero calo, ricorda tuttavia come in realtà “il ricorso agli animali dovrebbe essere l’ultima via di sperimentazione, attuabile solo se non sono disponibili metodi alternativi”.
Quasi 600 mila animali vengono stabulati e utilizzati per gli esperimenti ogni anno, molti sottoposti a procedure dolorose.
In base ai dati del 2015, si rivelerebbe allarmante il numero dei cani utilizzati nei laboratori: “540 in un solo anno. Un dato rilevante per il nostro Paese che, rispetto all’allevamento di cani da destinare alla sperimentazione animale, rischia un dietrofront del Governo che potrebbe cancellare i piccoli, ma importanti, miglioramenti introdotti in Italia, adeguandosi a un testo fotocopia della famigerata direttiva europea, con il rischio di veder riaprire le porte di allevamenti-lager, come quello di Green Hill”, commenta l’organizzazione animalista.
La Lav ha poi aggiunto che “gran parte dei cani utilizzati, oltre il 65%, provengono da allevamenti al di fuori dell’UE: animali condizionati, tatuati e spediti come oggetti dagli allevamenti verso i laboratori di tutto il mondo”.
Stessa sorte ai macachi, per cui sarebbero stati utilizzati 224 esemplari in un anno, la maggior parte dei quali importati da paesi in via di sviluppo: “nonostante il Ministero possa autorizzare l’impiego di primati non umani solo in via eccezionale” (D.lgs. 26/2014), evidenzia la Lav e la Commissione europea abbia prodotto un report che prevede criteri di autorizzazione molto restrittivi in merito, e addirittura un istituto indipendente olandese, su richiesta del proprio Governo, afferma come si possa interrompere l’uso delle scimmie già da subito, definendolo un modello non sostenibile non solo per motivazioni etiche, ma anche scientifiche e legali. Animali che subiscono anche la sofferenza della cattura in natura: i primati continuano a essere tristemente importati da Paesi problematici e senza seri controlli”-
Infatti, la Lav denuncia che il 50% dei primati proviene dall’Asia e il 48% dall’Africa.
Nell’elenco vengono registrati 9.000 topi ormai allevati per mantenere le colonie di animali geneticamente modificati. Ovvero, gli esemplari con il Dna modificato con tratti genici o geni che portano l’informazione legata alla malattia umana. In questi casi, metà degli embrioni muore durante il periodo gestazionale oppure viene soppressa perché nasce priva della modifica genetica.
Secondo il rapporto si segnala che 218.615 sperimentazioni sono procedure inerenti la ricerca di base, che non prevede nessun obbligo di legge e che dovrebbe vedere un drastico calo delle autorizzazioni poiché il principio cardine delle norme, nazionali e internazionali, prevede che sia “consentito l’utilizzo degli animali ai fini scientifici soltanto quando, per ottenere il risultato ricercato, non sia possibile utilizzare altro metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e praticamente applicabile che non implichi l’impiego di animali vivi”.
Numeri preoccupanti per la Lav in quanto questi dati statistici “non tengono conto di molte categorie di animali usati già deceduti, gli invertebrati o le forme di vita non completamente sviluppate, né degli animali riutilizzati e sottoposti ad un secondo esperimento, in un calvario al termine del quale arriva la morte”.
Infine, denuncia la Lav si rivela “inaccettabile” il fatto che circa la metà delle procedute appartengono alle categorie di dolore moderato o grave per cui si segnala un tragico aumento di quelle classificate con il più alto grado di dolore. “Per grave si intendono sperimentazioni che comportano dolore e angoscia prolungati che possono comportare il non ricorso all’anestesia, come lesioni spinali, stimolazioni elettriche, nuoto forzato e perfusione di organi, con conseguenze come paralisi, tremori, incontinenza, ulcere, convulsioni e collasso”, continua la nota della Lav.
Dal canto suo Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Area Ricerca senza animali ha commentato che si tratta di un “drammatico elenco di specie, e delle procedure in cui gli animali vengono utilizzati, non è scienza, ma un’obsoleta, immorale e fallimentare pratica, con un indice di insuccesso superiore al 95%, che deve essere superata alla luce anche delle nuove scoperte scientifiche e delle tecniche di ricerca più innovative. L’uomo è frutto di un’espressione genica specifica che interagisce con un ambiente complesso (epigenetica) come quello in cui viviamo, che non può essere riprodotto in un topo chiuso nella gabbia di un asettico laboratorio”.
Ecco perché viene ricordata la raccolta firme, promossa dalla Lav per chiedere al Governo di stanziare il 50% dei fondi per la ricerca allo sviluppo dei metodi sostitutivi, clicca qui per firmare la petizione: zeroanimali-nella-ricerca