Certe volte viene da chiedersi se alcune “performance” siano arte. Tanto più se vengono coinvolti degli animali. Di certo sono finiti i tempi in cui negli anni Settanta, il noto esponente dell’arte povera Jannis Kounellis portò nel 1969 a Roma, alla Galleria L’Attico, 12 cavalli come fossero in una stalla, portando una ventata di natura, ricreando degli ambienti.
Ma quello che era una ricerca sperimentale e all’avanguardia, con il tempo critica dagli animalisti venne poi riproposta da diversi artisti che hanno suscitato scandalo. Come l’artista Guillermo Vargas Jiménez, noto come Habacuc che nel 2008 ha fatto morire un cane di nome Nativity, in una galleria d’arte. Il povero animale venne lasciato morire nel nome dell’arte tra i visitatori della mostra nella Codice Gallery in Manwhichagua. L’artista si difese sottolineando che il cane era un randagio che sarebbe morto comunque e che con l’opera “voleva denunciare il fenomeno del randagismo” nel Nicaragua. Certo che l’opera ebbe l’effetto totalmente opposto. Quello che sorprende è che nessuno abbia fatto nulla per il povero Nativity. Il caso ovviamente esplose e venne promossa una campagna contro Habacuc.
Ci sono artisti ormai inseriti nella lista nera degli animalisti come Jan Fabre, Hermann Nitsch e Damien Hirst, recentemente al centro di una protesta a Venezia. A creare polemica, entra in gioco un altro artista, un francese di nome Abraham Poincheval e che dallo scorso 29 marzo si è chiuso al Palais de Tokyo, spazio espositivo di arte contemporanea a Parigi, dove ha covato per ben due settimane dieci uova in un vivaio in plexiglas, davanti allo sguardo indiscreto del pubblico.
A distanza di 14 giorni il lieto evento: ovvero il promo pulcino è nato e Poincheval.
La performance ovviamente ha sollevato lo sdegno di molti animalisti e la stessa organizzazione internazionale PETA ha espresso la propria preoccupazione: “Non c’è da rallegrarsi per la nascita del pulcino, nato da solo in un museo, come un oggetto, nell’ambito di una performance e che non incontrerà mai la madre”.
Peta ha voluto ribadire che “gli animali non appartengono all’uomo e non dobbiamo utilizzarli per il nostro divertimento”, ricordando quanto “i pulcini e le galline siano esseri sensibili, che soffrono, sentono dolore e hanno paura come gli esseri umani”.
“Gli animali – ha poi sentenziato Peta, in un comunicato indirizzato all’artista francese- non hanno il loro posto nell’arte”.
Secondo le indiscrezioni, Poincheval resterà nella sua scatola in plexiglas fino a quando non si saranno schiuse tutte le uova e tiene a rassicurare che quando saranno nati, tutti i pulcini saranno trasferiti nella fattoria del padre dell’artista in Normandia.
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