La ricerca Censis-università di Foggia sul rapporto degli italiani con gli antibiotici ha dimostrato come nel nostro Paese ci sia troppa ignoranza su gestione e controllo di quelli veterinari
Troppa ignoranza su gestione e controllo degli antibiotici veterinari in Italia: questo emerge da una ricerca fatta dal Censis e dall’università di Foggia sul rapporto tra gli italiani e farmaci microbiotici. Un capitolo dello studio è stato dedicato a quelli per gli amici a quattro zampe. Una buona percentuale di connazionali sa usare correttamente i presidi sanitari per animali. Tuttavia, permangono persone che, magari in buona fede, sbagliano ad usare questi farmaci.
Marco Melosi, presidente dell’dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani, ha stigmatizzato alcuni comportamenti dei proprietari non solo per essere fuori dal controllo terapeutico veterinario, ma al di fuori della legge quando non addirittura in danno del Sistema Sanitario Nazionale.
Per eseguire la ricerca Censis-università di Foggia, infatti, si è intervistato un campione omogeneo di proprietari. Di questi, il 98,6% ha ammesso di aver dato al proprio amico a quattro zampe un antibiotico. Tuttavia, quasi la metà di loro ha comprato direttamente in farmacia il medicinale, senza quindi interpellare un veterinario e capire se il microbiotico fosse la soluzione corretta al problema.
Quasi il 10% dei proprietari, inoltre, ha ammesso di aver usato un antibiotico già presente nella propria abitazione, mentre solo una piccola parte del campione (il 4,2%) ha ammesso di aver somministrato al proprio animale da compagnia dei farmaci antimicrobici per umani. Infine, il 15,8% ha smesso di dare il presidio medico all’animale quando sono scomparsi i sintomi o lo ha visto migliorare.
Sebbene esistano farmaci umani che si possono dare ai cani, ad esempio, rimane importante consultare il veterinario: bisogna infatti ricordare che il nostro specialista di fiducia ha compiuto studi universitari per occuparsi al meglio degli amici a quattro zampe.
Capitolo a parte merita invece l’interruzione di un trattamento antibiotico non appena scompaiono i sintomi: così come accade per l’essere umano, non terminare una cura con microbiotici può portare al rischio di una resistenza agli antibiotici da parte di cani, gatti e altri animali da compagnia.
Una situazione che potrebbe portare, sul lungo periodo, all’impossibilità di curare infezioni batteriche con gli antibiotici. Un’evenienza che si tradurrebbe in un aumento del tasso di mortalità animale per cause che, a oggi, si possono risolvere con antibatterici.
Per quanto riguarda gli allevamenti di animali destinati al consumo alimentare, l’81,6% del campione ritiene che l’utilizzo degli antibiotici per stimolarne la crescita sia pericoloso per la salute degli stessi capi e dell’uomo. Il 70%, poi, teme che la carne o i prodotti di allevamenti possano contenere residui di antibiotici.
Tuttavia, Marco Melosi ha fugato questi dubbi: secondo l’ultima relazione annuale del Piano Residui, il consumatore di alimenti di origine animale sarebbe in una situazione di tutta sicurezza.
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Matteo Simeone
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