Chissà come la penseranno alcuni sindaci piuttosto indifferenti alla causa degli animali e che come a Torre del Benaco, promuovono ordinanze che ne limitano la libertà, come ad esempio quella di pulire l’urina del proprio cane per strada. Oppure, ci si chiede come potrà mai essere da oggi in avanti la gestione di molti territori piuttosto difficili dove abbandoni e maltrattamenti sono all’ordine del giorno e dove spesso e volentieri, le istituzioni sono assenti.
Forse è la “volta buona” e non “la svolta” per iniziare a costruire una società più consapevole e attenta agli animali e alla loro sofferenza. Infatti, si apprende che è stata depositata lo scorso 11 aprile 2017, una recente sentenza della Corte di Cassazione, IV Sezione Penale, n.148 del 31 gennaio 2017, nella quale viene stabilito che è competenza del sindaco la custodia degli animali sul suo territorio, sequestrati o maltrattati.
La Suprema Corte ha pertanto ribadito la competenza del Comune in materia di animali sul suo territorio, nel caso in cui non ci siano enti, ai sensi dell’articolo 19 quater su Affidamento degli animali sequestrati o confiscati che facciano richiesta di adozioni degli animali: ecco l’elenco del Ministero della Salute degli Enti ed Associazioni riconosciuti per l’affidamento degli animali oggetto di provvedimento di sequestro o confisca e delle Strutture operative territoriali.
“Il Comune, nella persona del Sindaco è da ritenersi il responsabile del benessere degli animali presenti sul territorio comunale, rispetto ai quali vanta una posizione di garanzia, che comporta l’obbligo di far fronte al loro mantenimento in caso di confisca”, commenta la Lav, spiegando che le spese di custodia nel corso del procedimento e del processo penale, sono stati ripristinati in capo al Comune tutti gli oneri e doveri previsti dalla normativa.
“Quest’ulteriore aggravio di competenze in carico al Comune per il mantenimento degli animali confiscati, potrebbe essere uno stimolo per ipotizzare misure fiscali sia come incentivo per chi adotta animali, sia come deterrente per chi ancora li utilizza a fini commerciali e di allevamento ma anche per stimolare il Comune nel suo ruolo di controllore sul territorio ad impedire che siano perpetrati maltrattamenti di cui esso stesso alla fine sarà responsabile. Si tratta di una richiesta che facciamo da anni, ora rafforzata dagli effetti di questa sentenza”, afferma senza mezzi termini la Lav, evidenziando e centrando un problema denunciato da sempre da animalisti e volontari.
Infatti, troppo spesso, in casi di emergenza, di animali rinvenuti sul territorio, maltrattati o abbandonati, il Comune è assente e delega al cittadino ogni responsabilità, laddove si tratta di un problema del territorio. Il Comune è dunque chiamato ad intervenire e a prendersi le proprie responsabilità in casi di reati di maltrattamento.
“Caposaldo della normativa interna sulla protezione degli animali è la legge 189 del 2004 che oltre ad introdurre fattispecie inerenti il delitto di uccisione e maltrattamento di animali, con l’articolo 544 series c.p. ha introdotto la confisca degli animali vittime di reato ogni qualvolta l’imputato sia condannato per tali reati. Con tale legge è inoltre modificato l’articolo 727 c.p. che non prevede una specifica ipotesi di confisca. Tuttavia, sottolinea il Collegio, la detenzione degli animali in tal modo comporta reato e dunque rientra nella previsione di cui all’articolo 240 comma 2 del codice penale, in base al quale come è noto deve sempre essere ordinata la confisca delle cose la cui detenzione costituisce reato”, ha concluso l’avvocato Carla Campanaro, direttore dell’Ufficio Legale LAV, in una nota.
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