L’opera distruttrice dell’uomo non conosce fine: basti vedere a quanto sta succedendo in Amazzonia, il “polmone del mondo” che in Brasile si sta ridimensionando sempre di più. Negli ultimi anni la riduzione della foresta aveva conosciuto per fortuna un importante rallentamento, ma adesso il movimento ‘Save the Rainforest’ denuncia la ripresa dell’abbattimento della flora locale perpetrata ad opera di grandi multinazionali, in particolare quelle della soia e legate ad al campo di allevamento ed agricoltura. La voce della protesta viene sostenuta anche dall’autorevole ‘New York Times’, che fornisce dati allarmanti sull’abbattimento della foresta amazzonica.
Da agosto del 2015 a luglio del 2016 sono stati privati dei loro alberi ben 2 milioni di acri: si tratta di 8100 km quadri, un’area vasta quanto l’intera Umbria. Nei due anni precedenti la deforestazione era stata rispettivamente di 1,2 e 1,5 mln di acri. Questa opera di distruzione viene attuata con degli incendi di natura dolosa, messi in pratica dai latifondisti, da allevatori e da agricoltori, che così preparano il terreno per i loro scopi di lucro. Poi arrivano anche le grandi multinazionali.
Greenpeace in particolare ha denuniato il coinvolgimento delle varie Archer Daniels Midland, Bunge e Cargill, le quali impiantano sui territori devastati le loro strutture di produzione di mangime per animali, importato in grosse percentuali qui in Europa. Dal 2011 ad oggi la media data in pasto alle fiamme per il New York Times è pari a 865mila acri, oltre il doppio dell’intera area metropolitana di Roma. La deforestazione viene osservata in maniera più che evidente anche attraverso l’ausilio di satelliti e di altre strumentazioni tecnologiche, e corrisponde decisamente al vero questa impennata verso l’alto.
La deforestazione è però un dramma che non riguarda solamente il Brasile: anche in Australia sta avvenendo un processo di sistematica riduzione della flora locale, che addirittura causa degli avvenimenti grotteschi come quello qui riportato.
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