A volte ci sono persone che sviluppano un attaccamento morboso verso i propri animali domestici, in particolare cani e gatti, che spesso va a sopperire le mancanze che si hanno nella propria vita affettiva, dalla famiglia o dal proprio partner. Spesso, però, questo comporta un modo di “vivere” il rapporto con il proprio animale che alla fine potrebbe diventare anche controproducente sia per noi che per lo stesso animale. Vediamo dove dobbiamo iniziare a preoccuparci, ed i sintomi di cui sarebbe meglio fare attenzione. A spiegarcelo è l’esperto di OK Roberto Pani, professore di psicologia clinica all’Università di Bologna.
Molte persone, soprattutto donne, trovano più facile sviluppare empatia nei confronti degli animali domestici che verso le persone. Come mai?
Recentemente su questo argomento è intervenuto anche il Papa, che ha rilevato come alcune persone che ci vivono accanto, o anche incontrate nei vari contesti sociali, siano da una parte di noi scarsamente considerate sul piano umano: le stesse persone però possono mostrare un enorme interesse e carica emotiva, un atteggiamento ricco di ottimi sentimenti, per non dire di profondo amore per gli animali domestici. Spesso i giovani, ma in particolare i meno giovani, enfatizzano l’ingenuità, la purezza di cani e gatti, e i sentimenti di dolcezza di tenerezza da questi evocati.
Alcune persone, che si mostrano tanto affettuose verso gli animali, esprimono con chiarezza di averle adottate, sostituendole nell’immaginario e spesso nei comportamenti a figli che non hanno potuto avere, o che hanno scelto di non procreare.
Quand’è che il legame con il proprio animale domestico diventa esagerato, un attaccamento morboso non più equilibrato?
Ci sono persone che più che amare mostrano un bisogno d’affetto senza controllo verso gli animali domestici, quasi si fondono psicologicamente con loro. Cani e gatti spesso vengono adulto-morfizzati, nel senso che i proprietari si considerano veri e propri genitori e li trattano come i figli ideali obbedienti, mai deludenti, molto ammaestrabili secondo i propri bisogni inconsci o consci. In altre parole, le proprie frustrazioni sono compensate al massimo di fronte alla fedeltà indiscutibile di cani e gatti.
In tal modo, però, non si rispettano nemmeno gli animali che sono interagenti con l’uomo, ma richiederebbero se potessero, di essere riconosciuti per quel che sono secondo la loro natura.
Dedicarsi all’aiuto delle persone è in genere più faticoso, l’identificazione con la sofferenza dell’altro è costosa perché oltre al comprendere dinamiche di sofferenza psichica che richiede saper ascoltare con grande attenzione e sensibilità, coinvolge troppo da vicino e perciò per molta gente è difficile da tollerare.
Piangere per un cane che soffre o per un gatto che muore è assai doloroso, ma può avere i suoi risvolti catartici e liberatori.
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