Avete mai sentito parlare di shunt portosistemico nel gatto? Scopriamo insieme gli effetti di questa rara patologia.
Di alcune malattie non conosciamo nemmeno l’esistenza; e con la sola pronuncia del nome, difficilmente possiamo immaginare quali effetti comportano. É il caso dello shunt portosistemico, che può colpire anche il gatto: una rara patologia non sempre curabile. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
Con il termine shunt portosistemico si intende un’anomala condizione di un vaso sanguigno singolo o multiplo dell’organismo del gatto, che immette il sangue proveniente dalla zona addominale direttamente nel circolo sistemico, bypassando l’azione depuratrice del fegato.
Lo shunt portosistemico può essere congenito o acquisito. Nel primo caso, dunque, è presente fin dalla nascita del gattino, che manifesterà i primi sintomi entro il primo anno di vita. Vi sono due forme di shunt portosistemico congenito:
Lo shunt portosistemico può essere anche acquisito, ovvero insorto come conseguenza di patologie epatiche del gatto; anche in questo caso non si può intervenire chirurgicamente.
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Come accorgersi che il felino è afflitto da tale patologia?
Non è semplice ricollegare il malessere dell’animale allo shunt portosistemico, data la rarità e la conseguente scarsa conoscenza del disturbo. Anche la sintomatologia, piuttosto vasta, non aiuta nell’individuazione della malattia.
Di norma sono osservabili segni clinici quali diarrea e vomito nel gatto (soprattutto dopo i pasti), letargia ed eccessiva salivazione. Se il disturbo è di natura congenita, il gattino presenterà problemi nello sviluppo corporeo.
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Lo shunt portosistemico richiede una cura tempestiva.
L’approccio terapeutico varierà a seconda della tipologia di shunt portosistemico che affligge il gatto. L’unico rimedio risolutivo è l’intervento chirurgico che, come visto, è possibile per la sola forma congenita extraepatica.
Tuttavia non si tratta di un’operazione priva di rischi. Il chirurgo veterinario provvederà alla legatura del vaso sanguigno anomalo, una procedura che dovrebbe portare alla chiusura graduale dello stesso in un arco di tempo variabile (anche fino ai tre mesi).
Le ore immediatamente successive all’intervento sono particolarmente delicate; il felino deve rimanere sotto osservazione presso la clinica operante.
Laddove il gatto non sia operabile, occorrerà optare per un approccio palliativo, basato sulla predisposizione di un regime alimentare povero di proteine, coadiuvato dalla somministrazione di antibiotici.
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A. S.
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