La polineuropatia distale nel gatto è una malattia neurologica di natura ereditaria: scopriamo tutto quello che c’è da sapere su questa patologia.
Alcune razze di gatto potrebbero essere colpite dalla polineuropatia distale. Di cosa si tratta, come riconoscerla tempestivamente e a quali trattamenti sottoporre il micio? Rispondiamo insieme a queste domande, per proteggere la salute del nostro amico a quattro zampe.
La polineuropatia distale nel gatto determina la degenerazione dei fasci di assoni, responsabili della trasmissione degli impulsi nervosi dal sistema nervoso centrale a quello periferico, e viceversa.
Questa malattia sembra avere cause genetiche, e colpisce con maggior frequenza gli animali delle seguenti razze:
Sfortunatamente, ad oggi le informazioni su questa malattia degenerativa sono molto poche. Per questo, è fortemente consigliato escludere dalla riproduzione gli esemplari affetti dalla polineuropatia distale.
Tendenzialmente, nei mici meticci i primi sintomi della patologia si manifestano tra i 6 e gli 8 anni. Nelle razze di gatto predisposte all’insorgenza nella polineuropatia distale, invece, i segni clinici appaiono precocemente, tra le 8-10 settimane di vita. Come individuare tempestivamente la malattia? Ecco quali sono i principali sintomi:
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Come viene diagnosticata la polineuropatia distale nel gatto? Confermare la presenza di questa patologia non è un’operazione semplice. Per individuarla, si potrebbe ricorrere a una visita neurologica, durante la quale il veterinario vi chiederà informazioni sullo stato di salute del micio e sulla sua storia clinica.
Non tralasciate alcun particolare, anche i dettagli che reputate meno importanti: ogni informazione potrebbe essere preziosa per la diagnosi della patologia. Inoltre, è molto utile sottoporre il micio alla biopsia dei nervi e dei muscoli.
Al contrario, esami come analisi del sangue e del liquor sono assolutamente inutili, poiché presentano risultati del tutto nella norma. Esiste una cura per la polineuropatia distale nel micio? Ad oggi, sfortunatamente la risposta è no.
Questa malattia, infatti, è ancora poco conosciuta e, non esistendo alcun trattamento a cui sottoporre il micio, nella maggior parte dei casi presenta una diagnosi infausta. In ogni caso, si può tentare una terapia palliativa, volta a ridurre i sintomi della malattia, migliorando la qualità di vita dell’animale.
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Laura Bellucci
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