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Salute dei Gatti

Mannosidosi nel gatto, che cos’è? Possibili rischi per Micio

Se il nostro animale sta male stiamo male anche noi. Che cos’è la mannosidosi nel gatto e quali rischi potrebbe comportare per Micio?

(Foto da Pixabay)

Ci sono alcune malattie che, solo a pronunciarne il nome ci gela il sangue. E quando colpiscono i nostri animali aumenta ancor più il sintomo d’impotenza. Che cos’è la mannosidosi nel gatto e quali rischi potrebbero esserci per Micio?

Mannosidosi nel gatto

Non se ne sente parlare spesso, ma questa è una malattia insidiosa che potrebbe avere esiti incogniti.

(Foto da Pinterest)

Da studi effettuati è risulato che alcuni gatti soffrano di una concomitanza di patologie: colpiscono più distretti corporei, costringendo l’animale anche all’invalidità.

Ma che cos’è la mannosidosi nel gatto? Sì è visto essere una malattia che complisce solo alcune razze di gatti.

Ad esserne colpiti sono gattini che vanno dai 2 mesi fino ad i 7 mesi di età: a volte, purtroppo, possono anche nascere privi di vita.

La causa è da riscontrare nella carenza dell’enzima alfa mannosidasi: il suo ruolo è fondamentale a livello cellulare.

L’alfa mannosidasi, infatti, è un enzima deputato a degradare gli zuccheri ricchi di mannosio nelle glicoproteine, molecole formate da proteine e zuccheri.

Quando non dovesse funzionare o fosse carente nel gatto, si verrebbe a creare un accumulo di zuccheri prima nelle cellule e successivamente nei tessuti.

Tutto ciò si traduce in uno scompenso grave per l’organismo ed il gatto avrebbe:

  • Malformazioni ad ossa e ad articolazioni;
  • Problemi intellettivi;
  • Infezioni ripetute;
  • Problemi all’apparato uditivo;
  • Problemi all’apparato visivo: frequente è la cataratta;
  • Deficit nella crescita.

Tutto ciò si manifesterebbe nei cuccioli appena nati con:

  • Tremori;
  • Mancanza di equilibrio;
  • Mancanza di coordinazione nei movimenti.

La mannosidosi nel gatto è una malattia genetica di accumulo: è a carattere degenerativo e, mentre nell’uomo ha trovato come terapia quella sostitutiva dell’enzima, negli animali ancora no.

Questa malattia è tra le cause della sindrome cerebellare nel gatto e, laddove l’animale sopravvivesse, la cura sarebbe dei sintomi e non della causa.

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Sindrome cerebellare nel gatto

Alcune patologie si presentano sotto forma di più problemi che interessano non un solo distretto dell’organismo ma diversi.

(Foto da AdobeStock)

In questi casi si parla di “sindrome” e non semplicemente di “malattia”: nella sindrome cerebellare nel gatto i sintomi coinvolgono non solo la funzionalità del cervelletto ma anche lo stato di salute generale.

In pratica una parte del cervello, il cervelletto, non è ben sviluppato e ne conseguono sintomi quali:

  • Incapacità di coordinazione dei movimenti: il gatto intende, ad esempio, alzare una zampa ma non ci riesce; oppure i movimenti che fa non sono precisi, non c’è comunicazione tra l’ordine emanato dal cervello e la sua esecuzione da parte del corpo.
  • Problemi nell’atto di alimentarsi: la testa trema, il gatto non riesce a controllare il movimento di piegarsi per mangiare nella ciotola; ne consegue che l’animale s’innervosisce e non mangia più.
  • Depressione: l’impossibilità ad effettuare certi movimenti ed il ritardo mentale, con conseguente deficienza di serotonina e dopamina, portano il gatto in uno stato apatico e senza apparente via d’uscita.
  • Ipermetria: i movimenti volontari sono esagerati; ad esempio il gatto vuole avanzare ma fa il passo troppo lungo e cade.

La diagnosi non è semplice, la sindrome cerebellare colpisce i gattini ma non è detto che tutti quelli della stessa cucciolata ne vengano colpiti.

È una patologia degenerativa di natura congenita: in alcune razze di gatti può comparire anche ai due mesi di vita.

Molte potrebbero essere le cause della sindrome cerebellare, tra cui quelle di natura infettiva:

  • Peritonite: l’infezione può degenerare in meningite;
  • Toxoplasmosi;
  • Criptococcosi.

Anche traumi, malformazioni e malattie degenerative di accumulo come la mannosidosi o la sfingomielinosi possono provocare una sindrome cerebellare nel gatto.

Il quadro clinico potrebbe allargarsi: l’unica terapia è quella di andare a curare le cause certe o, in alternativa, i sintomi al fine sempre di migliorare il benessere dell’animale.

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Raccomandazioni

Qualora nascessero gattini con le problematiche sopra descritte, l’unica soluzione è quella di affidarsi alle mani di un ottimo veterinario.

(Foto da Pixabay)

Non sarà facile seguire nei movimenti della vita quotidiana il nostro Micio: bisogna essere consapevoli che dovremo essere molto presenti nella sua vita.

Quando dovessimo vedere che il gatto s’innervosisce e va sotto stress perché non riesce a mangiare, è bene cercare di aiutarlo con calma e tanta pazienza.

Onde evitare che arrivi a non voler più mangiare, sarebbe meglio che almeno all’inizio lo aiutassimo imboccandolo noi.

Senza dubbio bisogna tenere sotto osservazione ogni suo comportamento ed eventuale peggioramento: se vedessimo che al gatto trema la testa più del solito o che dorme troppo, ad esempio, è bene contattare il veterinario.

Queste malattie sono subdole, avanzano in sordina facendo danni irreversibili: bisogna tamponare nell’immediato ogni sintomo nuovo che dovesse presentarsi.

Sarebbe inutile fare il bagno al gatto se sappiamo che sta male: possiamo curare la sua igiene diversamente, con uno shampoo secco o prodotti simili.

Il veterinario si raccomanderà sicuramente di fare in modo che non solo il gatto si alimenti, ma che assuma correttamente la terapia che gli ha prescritto.

Sono momenti in cui sentiamo tanta responsabilità, ma sappiamo bene che il nostro gattino dipende esclusivamente da noi.

I problemi potrebbero peggiorare perché magari l’organismo dell’animale non sopporta i tanti farmaci: potrebbe sorgere una steatosi epatica nel gatto o problemi renali.

A volte potrebbe arrivare ad essere necessario dover alimentare Micio con una siringa: potrebbe non riuscire a masticare e dunque ad ingoiare cibo solido.

Ovviamente se il gatto non dovesse né mangiare né bere dovremmo portarlo immediatamente dal veterinario: quasi certamente occorrerà il ricovero.

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S. A.

Stefano

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