Avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto: cause, sintomi e cura

Avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto: cause, sintomi e cura

L’avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto, un incidente che può provocare la morte del micio. Vediamo le cause, i sintomi e il trattamento.

avvelenamento da monossido nel gatto
(Foto AdobeStock)

Chi vive con un gatto, sa bene, quanto sia impossibile trattenere in casa questo simpatico e amabile animale domestico.

Tuttavia, questa sua eccessiva curiosità felina è anche il motivo per cui, molto spesso, il micio si ritrova a creare o subire incidenti anche piuttosto pericolosi.

Come nel caso dell’avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto, un incidente che può causa anche la morte del micio.

Tutto questo è possibile prevenirlo applicando una maggiore attenzione durante le passeggiatine esterne del gatto.

Scopriremo perché nei prossimi paragrafi, insieme anche all’individuazione delle cause, capiremo anche i sintomi e il trattamento dell’avvelenamento.

Cause dell’avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto

Il monossido di carbonio è un gas incolore, quando questo gas viene inalato dal gatto, il sangue lo assorbe e si lega con l’emoglobina per formare carbossiemoglobina.

Ciò comporta, la riduzione dell’apporto di ossigeno al corpo e portando di conseguenza un ridotto utilizzo dell’ossigeno nel cervello e nel cuore del gatto..

Molto spesso le cause dell’avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto, sono dovute ad un errore umano, ovvero quando per sbaglio lasciamo il gatto all’interno del garage con l’auto in moto che rilascia monossido di carbonio dai tubi di scarico.

Tuttavia, può succedere anche se il gatto malauguratamente si dovesse trovare all’interno di un edificio in fiamme.

Altre cause possono essere:

  • aree poco ventilate con qualsiasi fonte di monossido di carbonio (es. camino, forno, barbecue)
  • combustione incompleta di combustibili carboniosi;
  • forni non ventilati;
  • scaldabagni a gas;
  • stufe a gas o cherosene.

Sintomi

A seconda della concentrazione e della durata dell’esposizione al monossido di carbonio, i sintomi possono essere di natura acuta o cronica.

gatto malato
(Foto AdobeStock)

La condizione medica che si verifica improvvisamente e dura per un breve periodo è chiamata malattia acuta mentre cronica è un processo morboso che, al contrario della malattia acuta, presenta sintomi che non si risolvono nel tempo.

Nel caso di esposizione acuta del gatto al monossido di carbonio, i segnali che l’animale manifesta possono essere:

  • aborto negli animali gravidi, in particolare quelli in tarda gestazione
  • coma;
  • convulsioni;
  • debolezza;
  • depressione nel gatto;
  • difficoltà a respirare;
  • letargia;
  • movimenti non coordinati;
  • Pelle rosso ciliegia e membrane mucose (p. es., narici, labbra, orecchie, genitali);
  • perdita dell’udito;
  • sonnolenza;
  • vertigini;
  • morte del gatto (l’esposizione prolungata al monossido di carbonio porterà all’ipossiemia e alla fine alla morte).

Mentre i sintomi che si evidenziano quando l’esposizione del gatto al monossido di carbonio è cronica, includono:

  • disturbi dell’andatura.
  • livelli anormalmente elevati di acidi nel sangue;
  • nausea;
  • sofferenza nell’esercizio fisico;
  • sintomi influenzali;
  • tosse nel gatto;
  • vomito.

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Diagnosi e trattamento dell’avvelenamento da monossido di carbonio

Trattandosi di un’emergenza medica, il medico davanti ad un avvelenamento da monossido di carbonio nel gatto, il primo intervento con lo effettua con l’ossigenoterapia per rimuovere il gas dal sangue e riportare i livelli di ossigeno del gatto alla normalità.

Subito il veterinario, raccoglierà campioni di sangue per eseguire:

  • esame emocromocitometrico completo;
  • profilo biochimico;
  • analisi delle urine;
  • altri test dei fluidi corporei applicabili ed eventualmente un ECG per stabilire le condizioni del cuore.

Questi esami serviranno a stabilire i livelli di carbossiemoglobina nel sangue per determinare il piano di trattamento iniziale.

Per la terapia, il veterinario dopo essere intervenuto con l’ossigenoterapia, provvederà a somministrare i liquidi per migliorare la perfusione sanguigna agli organi vitali come il cervello.

Non soltanto serviranno anche a normalizzare l’aumento delle concentrazioni di acidi nel sangue.

Nel frattempo nel susseguirsi dei giorni, il gatto dovrà eseguire un riposo, limitando le sue attività per almeno 6 settimane.

Cercare di isolarlo, per non sottoporre il gatto allo stress della casa, dei bambini o di altri animali presenti ma non abbandonatelo in uno stato di solitudine ne risentirebbe.

Inoltre ricordate che occorre osservare il gatto durante la convalescenza per determinare la presenza di eventuali sintomi per cui vale la pena indagare.

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