Avvelenamento da antipulci nel gatto. Quante volte il nostro micio è stato vicino alla disgrazia. Vediamo quali le cause, i sintomi e il trattamento.
Il sogno di noi tutti amanti degli animali, è proprio quello di costruire una casa a prova di amici a quattro zampe. Questa è una cosa alquanto difficile ma non impossibile.
Il desiderio nasce dal fatto che i gatti in particolare, e chi ne ha uno lo sa, sono animali che molto spesso si mettono in situazioni di pericolo.
Ciò che avviene quando la nostra casa è fonte di rischio per i nostri amici pelosi, potrebbe essere alquanto pericoloso o quantomeno dannoso per la vita del gatto.
Una nostra disattenzione, come quella di lasciare in giro prodotti tossici per l’animale potrebbe mettere a repentaglio la vita del nostro gatto.
Potrebbe verificarsi ad esempio l’avvelenamento da antipulci nel gatto. Questo è l’argomento che andremo a trattare nei prossimi paragrafi.
La causa dell’avvelenamento da antipulci nel gatto è data dalla presenza di una sostanza all’interno di questi prodotti, che è conosciuta con il nome di piretrina.
Un composto organico naturale derivato dagli involucri dei semi del fiore del crisantemo.
Questo insetticida agisce attaccando il sistema nervoso degli insetti ma rimanendo non pericoloso per i mammiferi (l’importante che i livelli siano molto bassi).
Si tratta di un insetticida, molto efficace, adoperato nei prodotti per animali domestici per allontanare le pulci e altri insetti e per scacciare gli insetti dalle piante alimentari.
La tossicità può manifestarsi anche a seguito dell’ingestione, ovvero quando il gatto nelle sue operazioni quotidiane di igiene si lecca o lecca altri animali che sono stati trattati anch’essi con antipulci a base di piretrina.
Il gatto rispetto al cane è più soggetto all’avvelenamento da antipulci ed è quindi molto più comune che dopo il trattamento con un prodotto per pulci o zecche possano sentirsi male.
Ciò accade perché i prodotti utilizzati per il gatto sono molto più forti, con un livello di piretrine più alto rispetto ad un repellente per pulci che è stato formulato per cani.
Un altro caso in cui si verifica l’avvelenamento o tossicità da antipulci nel gatto è quando si utilizza una quantità di prodotto eccessiva o addirittura un composto che è stato formulato per una specie diversa, ad esempio il cane.
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I sintomi che si possono verificare a causa dell’avvelenamento da antipulci nel gatto possono essere i seguenti:
Davanti alla presenza di questi segnali che lasciano presupporre l’avvelenamento del gatto, è opportuno recarsi con l’animale dal veterinario o la clinica per animali più vicina, in quanto è da ritenersi una situazione di pronto soccorso.
Ciò che è possibile fare come primo soccorso al gatto è eliminare un collare antipulci o un altro dispositivo repellente per insetti, nel caso l’animale ne sia provvisto.
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Per poter stabilire una diagnosi corretta, il veterinario si troverà ad analizzare la storia pregressa dell’animale. Cercando, perciò, insieme al proprietario, di ricostruire l’intera giornata del gatto.
Questo sarà utile per capire, in che occasione il gatto potesse essere venuto a contatto con il composto, laddove non fosse stato lo stesso proprietario a somministrare una quantità eccessiva di prodotto sulla pelle dell’animale.
Una volta stabilita la diagnosi il veterinario interverrà sulla cura dei sintomi per poter calmare e controllare tremori ed eventuali convulsioni dell’animale, idratandolo contemporaneamente.
Laddove l’animale dovesse essere grave il ricovero è la soluzione ideale fino al miglioramento delle condizioni del gatto. In ogni caso la soluzione migliore resta sempre la prevenzione.
Ciò vuol dire che occorre leggere con attenzione le dosi da applicare, non utilizzare prodotti non idonei e né sostituirli con quelli del cane.
È importante sapere che la quantità di piretrina utilizzata in una formula spesso varia in base al peso del gatto. Infine un consiglio che gli esperti è quello di tenere separati i gatti che vengono trattati in quanto hanno la tendenza a leccarsi a vicenda e questo favorisce l’intossicazione.
Raffaella Lauretta
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