L’Amiloidosi felina è una malattia di tipo degenerativo molto difficile da diagnosticare. A lungo ignorata dalla maggior parte degli allevatori sta minacciando un numero sempre crescente di razze
L’Amiloidosi colpisce i felini a partire dai 5 anni di vita. Esistono però delle razze che fanno eccezione e che possono esserne colpite anche in giovane età a causa di predisposizioni genetiche pregresse come nel caso del Abissino, Somalo e l’Orientale.
Si tratta della presenza di un accumulo per deposito di sostanza amiloide (insieme di proteine) che l’organismo non riesce ad espellere in maniera corretta. Questo accumulo può arrivare a impedire il buon funzionamento degli organi interessati e può arrivare a provocare il decesso dell’animale. Il deposito proteico può seriamente compromettere anche la funzionalità dei tessuti e delle cellule del gatto.
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L’Amiloidosi può colpire un solo organo o può avere un carattere più sistematico. Questa malattia genetica del gatto è solo una delle tante che colpisce i felini. Possiede quattro diverse forme che vengono denominate primaria, secondaria, familiare ed isolata. L’Amiloidosi primaria può danneggiare diversi organi fra cui cuore, intestino, pelle e lingua. La causa scatenante è di carattere genetico.
La forma secondaria, sicuramente la più comune, interessa fegato, milza, pancreas e reni e generalmente è caratterizzata dalla presenza di patologie coesistenti come neoplasie, malattie autoimmuni e diabete mellito. La tipologia detta familiare è così denominata perché ha carattere ereditario e in genere interessa direttamente cuore e polmoni.
L’Amiloidosi isolata si differenzia dalle altre perché è limitata ad organi specifici quali cute, articolazioni e cervello.
La sintomatologia di questa patologia è molto complessa e disparata proprio a causa delle diverse forme che la malattia può assumere nei felini. Tuttavia, esistono sintomi generali che accumunano le varie tipologie come la perdita di peso, letargia, l’insorgere di edemi periferici, ascite, proteinuria e ipertensione.
Quando la malattia prende di mira il rene sono facilmente riscontrabili sintomi d’insufficienza renale accompagnati da un sensibile aumento del tasso di urea e di creatinina nel sangue dei nostri amici pelosi. In caso di insufficienza renale sarà bene variare l’alimentazione del gatto. Se l’organo più interessato alla malattia è il fegato, il gatto manifesterà sintomi di un’insufficienza epatica che possono rivelarsi a noi attraverso emorragie del fegato o problemi gastro-intestinali più o meno marcati.
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Considerando l’alto tasso di mortalità di questa patologia, la precocità della diagnosi è considerata fondamentale per arrestare il processo degenerativo degli organi interessati. La vita media di un gatto dipende da molteplici fattori e l’insorgere di processi degenerativi a organi di vitale importanza purtroppo la riduce.
La prima azione per accertare la presenza di un accumulo di depositi di amiloide nel organismo felino è procedere con un prelievo di tessuto. Il campione di tessuto può essere isolato con l’ausilio di un ago aspirato peri-ombelicale. Più accurata rimane la biopsia di una ghiandola salivare labiale minore o ancora un esame bioptico espressamente rivolto all’organo che si pensa possa essere afflitto dal processo degenerativo.
Le cure terapeutiche esistenti ad oggi variano a seconda della forma della malattia e sono strettamente legate al tipo di proteina che provoca l’accumulo di amiloide. Sono incentrate ad arrestare, o quanto meno a rallentare sensibilmente, l’eccessiva produzione di questa proteina anomala.
Tra le cure consigliate contro l’amiloidosi citiamo la chemioterapia, il trapianto di midollo osseo o i trattamenti a base di cellule staminali autologhe.
C.F
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