L’acromegalia nel gatto: impara a riconoscere i sintomi di questa patologia, potrebbero essere subdoli e agire con eccessivo ritardo.
L’acromegalia nel gatto è una patologia che colpisce soprattutto i gatti anziani (età media 10 anni), non è stata accertata una predisposizione in alcuna razza in particolare, ma sappiamo che aggredisce maggiormente i soggetti di sesso maschile e con diabete poco equilibrato.
Un’eccessiva produzione di un ormone (ormone della crescita) nel cervello, genera non pochi problemi al nostro amico peloso. Normalmente, la produzione di questo ormone è regolata in base ai bisogni del corpo.
L’acromegalia nel gatto è causata principalmente dalla presenza di un adenoma ipofisario, ossia un tumore non maligno, ma produttivo, responsabile della sovrapproduzione dell’ormone della crescita. Questo tende ad aumentare la sua dimensione creando problemi anche a livello locale.
La sovrabbondante produzione dell’ormone della crescita (GH) genera artropatie, rimodellamento osseo, aumento progressivo del volume degli organi addominali, malattie cardiovascolari ed una riduzione della sensibilità all’insulina a livello cellulare che porta allo sviluppo di diabete mellito insulino-resistente (impedisce all’insulina di agire sulle cellule).
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I sintomi dell’acromegalia nel gatto sono generati sia dagli effetti del GH sia dalla compressione del tumore a livello cerebrale. In questa patologia, un sintomo caratteristico è lo sviluppo del diabete mellito di tipo II, dovuto alla resistenza all’insulina indotta dagli ormoni. Altri segnali clinici dovuti a questa malattia sono:
La diagnosi di acromegalia nel gatto è certamente complicata, soprattutto nella sua fase iniziale in quanto la caratteristica particolare di questa malattia consiste in una progressione davvero molto lenta, al punto in cui molti proprietari non sono in grado di percepire i tipici cambiamenti morfologici. In questo modo il veterinario riuscirà con molto ritardo a prendere atto della malattia e quindi nel frattempo saranno sopravvenute diverse complicazioni.
Per stabilire quindi una diagnosi il medico procederà con le analisi delle urine, l’esame del sangue (per stabilire la presenza di iperglicemia aumento degli enzimi, colesterolo alto, presenza di urea e creatinina più alta) e il dosaggio dell’ormone della crescita (anche se attualmente gli studiosi lo hanno ritenuto un esame poco affidabile).
Possono invece essere tanto di aiuto nello studio della diagnosi, le radiografie e le risonanze magnetiche. Le prime per identificare la presenza di iperostosi della volta del cranio, l’artrosi della colonna vertebrale, la presenza di osteofiti e il gonfiore dei tessuti molli. Mentre la seconda con lo scopo di individuare la presenza di una massa (tumore) nella ghiandola pituitaria.
Ma solo dopo la morte sarà possibile effettuare un esame indiscutibile per la diagnosi, si tratta dell’esame istologico del tumore ipofisario. Per quanto riguarda il trattamento ad oggi non ci risulta una vera e propria cura, ma è possibile fare un tentativo con il trattamento radioterapico che è lungo e costoso e richiede diverse sessioni settimanali ma ha lo scopo di ridurre le dimensioni del tumore nel gatto.
Un’alternativa potrebbe essere intervenire chirurgicamente per asportare il tumore, ma si tratta di un intervento possibile solo all’Università di Utrecht. Attualmente purtroppo si parla ancora di protocolli sperimentali con farmaci presi in prestito dalla medicina umana, ma che non pare abbiano riscosso il successo che ci si aspettava.
Rimane perciò da poter prendere in considerazione il trattamento medico nel gatto, che consiste soprattutto nella corretta gestione del diabete insulino-resistente. In merito alla prognosi dipenderà dalla possibilità di stabilizzare il diabete, in quanto la maggior parte dei gatti con acromegalia felina muoiono per insufficienza cardiaca o insufficienza renale o complicanze da diabete.
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Raffaella Lauretta
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