Incorre nella responsabilità, civile o penale, non solo il proprietario, ma anche il solo custode del gatto. Ecco cosa sapere sull’argomento.
Adottando un animale, assumiamo automaticamente dei doveri non solo nei confronti dell’adottato, ma anche verso tutti gli altri consociati, dovendo far in modo che nessuno possa essere danneggiato dal nostro amico a quattro zampe. Per rispondere dei danni, tuttavia, non è necessario essere proprietario dell’animale: ecco perché.
Chiunque adotti un animale d’affezione, si sa, si assume implicitamente tutti i doveri inerenti la sua protezione, ed ogni forma di responsabilità per i danni che eventualmente cagionerà a terzi. Eppure non sempre la responsabilità è del proprietario; anche il custode dell’animale può essere chiamato a rispondere del danno.
Ovviamente ci riferiamo a tutte quelle ipotesi in cui il proprio animale d’affezione abbia procurato un danno ad un terzo; ben diversa, ad esempio, è la responsabilità del cat sitter per aver smarrito il gatto; in quanto custode (professionista) dell’animale, il suo inadempimento dà luogo anche a responsabilità contrattuale nei confronti del proprietario.
Invero, l’obbligo di risarcire il danno causato dall’animale è sempre il capo al custode dello stesso; solo che, in alcuni casi, questa figura non coincide con quella del proprietario. Si dà il caso, infatti, che sia quest’ultimo, di norma, a custodire il proprio amico a quattro zampe.
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L’art. 2043 cc stabilisce che chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto, volontariamente o per colpa (ovvero a causa delle violazione di norme di comune prudenza, diligenza, o regolamentari di una data disciplina), è tenuto a risarcirlo.
E questo danno, evidentemente, può essere causato anche da un animale. Il Legislatore, tuttavia, ha voluto riservare una normativa specifica a tale fattispecie: parliamo dell’art. 2052 cc, il quale stabilisce che
Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Colui che si serve dell’animale nel tempo in cui lo ha in uso (espressione assai infelice, figlia, tuttavia, di ben altra epoca) non è altro che il custode; che, come già detto, non sempre coincide con la figura del proprietario.
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Può capitare infatti che quest’ultimo, magari a causa di un impegno, possa affidare il proprio amico a quattro zampe ad un terzo, il quale può essere un professionista (si rimanda all’esempio del cat sitter) oppure un semplice conoscente o parente (sul punto può interessare la lettura di Affidare il gatto può integrare reato di abbandono di animali: cosa ha stabilito la Cassazione).
Ebbene, se ad esempio il gatto, affidato ad un amico, si addentra nella proprietà del vicino cagionando un danno, la responsabilità sarà proprio in capo all’affidatario, nelle vesti di custode.
Solo il caso fortuito scagiona dalla responsabilità; con tale espressione si intende un evento eccezionale, imprevedibile e pertanto non evitabile, nemmeno con la predisposizione delle ordinarie misure di prevenzione.
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