Tutte le ragioni per cui i gatti non amano le porte chiuse: ecco perché i felini domestici si comportano in questo modo.
Ansia, paura dell’abbandono, iperattaccamento. Potrebbero essere queste alcune delle ragioni che spingono il gatto a mostrarsi agitato e a disagio di fronte a una porta chiusa. Ma quali sono, nello specifico, i motivi per i felini domestici non accettano di essere lasciati fuori dalle porte di casa o delle stanze? E, soprattutto, esistono delle soluzioni a questo problema? Ecco qualche informazione al riguardo.
I motivi per cui i gatti non sopportano le porte chiuse è da ricondurre in parte a un controllo del territorio, bisogno insito nella natura dei felini, in parte a quella che viene definita con l’acronimo FOMO. Sigla indicante la “fear of missing out“, ovvero la paura di perdersi qualcosa a cui non si ha accesso, la FOMO è la vera ragione che sottende la reazione dei gatti alle porte chiuse.
Chi vive con un animale domestico saprà benissimo come i quattro zampe si comportano spesso alla stregua dei bambini piccoli. Cani e gatti adorano essere coccolati, elogiati e ricevere attenzioni, regali e giocattoli, proprio come i piccoli umani. E come bambini non desiderano essere lasciati soli o essere esclusi da attività che ritengono interessanti.
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I felini domestici, ad esempio, non vanno proprio d’accordo con le porte chiuse, che impediscono loro di entrare o uscire da una stanza. Quando un gatto si trova di fronte a una porta non aperta avrà come reazione principale quella di miagolare per far intendere al suo umano il bisogno di vedere cosa c’è al di là di quello ostacolo.
La rivista Live Science ha interrogato alcuni esperte di comportamento felino che hanno parlato a tal proposito della FOMO. Jane Ehrlich, comportamentista felina, evidenzia come i gatti odino tre cose che in inglese iniziano con la C: non avere possibilità di scelta (choice), non essere in controllo (control), il cambiamento (change). In un gatto, la vista della porta chiusa infrange tutte e tre le C. Non solo il quattro zampe non può controllare cosa accade dall’altra parte, ma non ha alcuna possibilità di scelta di fronte a quello che può essere un cambiamento continuo (dovuto appunto alla chiusura e apertura della porta stessa).
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La comportamentista Ingrid Johnson ha spiegato come i gatti abbiano bisogno di «avere il controllo dell’accesso al loro intero territorio. Sono una specie che è sia preda sia predatore, che ha bisogno di muoversi liberamente per cacciare ma che vuole anche sentirsi sicura nel proprio territorio». Tale comportamento è quindi riconducibile alla storia dell’addomesticamento del gatto.
L’origine del gatto domestico, o Felis catus, è più recente di quella dei cani. Pur risalendo a diversi milioni di anni fa in Africa e derivante dal risultato di un incrocio tra Felis Sylvestris e Felis Lybica, il primo incontro tra il gatto e l’uomo è avvenuto in Medio Oriente circa dieci mila anni fa; ma è solo in Egitto nel III millennio a.C. che nasce l’identità domestica del gatto. Tramite i contatti commerciali i gatti arrivarono in Grecia, per diffondersi poi in tutta Europa. Nonostante le antiche origini, l’addomesticamento vero e proprio del gatto è quindi piuttosto recente e risale a pochi secoli fa. Con la diffusione dell’agricoltura e il passaggio da uno stile di vita migratorio a uno sedentario, i gatti hanno iniziato ad avvicinarsi ai nuclei abitativi, cacciando roditori e altri piccoli animali che distruggevano i raccolti. Sia i felini sia gli esseri umani si resero presto conto che una loro convivenza sarebbe potuta rivelarsi vantaggiosa per entrambe le parti.
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Chiudere una porta e bloccare quindi l’accesso e l’esplorazione del territorio del gatto è un atto che va contro la natura del felino stesso. Il consiglio per i pet mate è quello di lasciare libertà di movimento ai gatti in casa o, se si vuole impedire l’accesso a una parte di casa, la porta dev’essere sempre chiusa senza che si verifichino cambiamenti improvvisi. (di Elisabetta Guglielmi)
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