Quali sono i possibili tipi di colorazione del pelo nel gatto? Tutte le tipologie di mantello con relativa spiegazione scientifica.
Come mai le diverse razze di gatto presentano un mantello di vari colori?
Ve ne sono di vari tipi e tutti diversi tra loro e cambiano anche passando da maschio a femmina.
E come mai alcuni gatti hanno solo zampe, coda, testa ed orecchie colorate?
Vediamo come, a seconda del parametro considerato, è possibile riassumere i vari tipi di mantello nei gatti dandone anche una spiegazione scientifica.
La prima protezione dagli agenti esterni nonché dall’attacco di altri animali è per il gatto proprio il suo mantello. Esso fa da scudo contro le avversità dell’ambiente in cui vive ed è questa capacità di mimetizzarsi al bisogno che gli ha permesso di sopravvivere negli anni.
Indipendentemente dalla razza, il mantello può essere classificato in base all’aspetto cromatico ed al suo disegno.
La colorazione del pelo nel gatto è la manifestazione visiva (fenotipo) del messaggio sulle varie colorazioni portato dai geni (genotipo).
A seconda della lunghezza del pelo si avrà la caratterizzazione di una razza:
– gatto a pelo corto;
– gatto a pelo semilungo;
– gatto a pelo lungo.
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Dall’interazione tra la luce ed i pigmenti, particolari composti chimici situati nella pelle o nel pelo di tutti i mammiferi, si ha il colore: è il prodotto della melanogenesi, per cui il mantello può assumere una tinta uniforme, tigrata quale era in origine nonché di varie tonalità della stessa.
Il genoma del gatto è rappresentato da 38 cromosomi, di cui due cromosomi sessuali X ed Y: la femmina avrà, pertanto, XX ed il maschio XY ma soltanto X presenta il locus per il gene del colore.
Comunemente la colorazione del pelo segue modelli ben definiti e ripetibili, correlati al rapporto tra eumelanine e feomelanine distribuite nel mantello. Responsabili di tale ripartizione sono i geni presenti nei due loci Agouti ed Extention.
Importante è anche il locus Brown che, essendo triallelico (B,b,b1), codifica per il nero, il chocolate ed il cinnamon; sono le eumelanine che, in base a delle reazioni chimiche, assumono colorazione nera oppure marrone.
I gatti nudi come lo Sphinx fanno eccezione. In essi non si parla di mantello vero e proprio ma solo di peluria fine e soffice. È il frutto di una mutazione genetica verificatasi del tutto in maniera naturale.
Il colore rosso, detto orange, è controllato dai geni nel locus Orange sul cromosoma X: siccome il maschio ha un solo cromosoma X, il gatto potrà essere rosso oppure no (laddove ad esprimersi fosse solo il gene B e non quello O).
Le femmine, invece, hanno due cromosomi X: il mantello della gatta potrà essere rosso, non rosso oppure avrà una parte rossa ed una che prenderà il colore codificato dal gene B (è una forma eterozigote che ha sia aree eumelaniche che feomelaniche).
Quando il disegno della colorazione appare come un mosaico di piccole superfici rosse e nere affiancate si avrà il mantello a squama di tartaruga (gatto Tortie).
È il colore primordiale del manto, in cui ogni singolo pelo è caratterizzato dall’alternanza di bande chiare e bande scure (accumulo di quote maggiori di eumelanina) fino a generare il cosiddetto mantello agouti e dunque i gatti Tabby.
Ne sovviene che il gatto non agouti abbia, dunque, il pelo omogeneo privo di bande.
Tre i disegni possibili:
– Ticked, manto costituito del tutto da peli agouti;
– Mackerel, manto con linee scure parallele a quella corrispondente alla colonna vertebrale;
– Blotched, manto con linee scure ad andamento irregolare.
Quando ad essere mutato è il locus Albino (C) ecco che viene meno la sintesi delle melanine; l’assenza di pigmento a livello cutaneo e nei melanociti genera il fenomeno dell’albinismo.
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Essendo un locus poliallelico nel gatto, si avranno situazioni in cui il mantello avrà una pigmentazione piena, burmese, siamese, albino occhi blu, albino occhi rosa (vi è completa assenza di pigmento ed il rosa è dato dal trasparire dei capillari bulbari).
La mutazione siamese, in particolare, mantiene la colorazione solo sulle estremità del corpo (testa, zampe, orecchie e coda) ed assume una peculiare tonalità che differenzia le zone bianche del corpo da quelle più fredde che restano colorate.
Questo perché è una mutazione termolabile, per cui quando il calore inattiva l’enzima tirosinasi si avrà conseguentemente assenza della produzione di melanina e dunque assenza di colore del manto alla base, alle punte meno perché più fredde.
Una via di mezzo tra il burmese ed il siamese porta al Tonkinese.
Mantelli in cui la base del pelo è più chiara dell’apice presentano una colorazione argentata e sono classificati in base all’estensione della banda argento:
– smoke, in cui l’argentatura si estende dalla base fino alla metà del pelo;
– shaded, in cui l’argentatura si estende dalla base fino a 2/3 del pelo;
– shell, in cui l’argentatura si estende fino alla punta.
Inoltre, gatti che presentano un fenotipo argentato eumalanico sono detti Chinchillà (nelle varianti black, blue o red) mentre gatti che presentano un fenotipo argentato feomelanico sono detti Cammeo.
Come nei gatti argentati, anche nei Golden il pelo è zonato; la banda basale del pelo è gialla ma la banda chiara è molto estesa sicché manca la variante smoke.
Qualora venisse espresso l’allele dominante del gene White allora si determinerebbe il colore bianco su cute depigmentata per mancata presenza di melanociti: è il gene che codifica per il recettore della tirosinasi, enzima responsabile della sintesi del pigmento.
Se la depigmentazione coinvolge un solo occhio l’iride pigmentata è giallo-rame ed il gatto sarebbe ad occhi impari, mentre se coinvolge l’orecchio interno vi associa un problema di sordità.
Se la mutazione interessa il gene nel locus biallelico Piebald Spot (S) si avrà una pezzatura del mantello, in cui si differenzieranno chiazze bianche dovute alla mancata migrazione dei melanoblasti in tali zone.
Avremo:
-Gatto Arlecchino, con pigmentazione presente solo su testa, coda ed estremità;
-Gatto bicolore, con 1/3 del mantello bianco e 2/3 colorato;
-Gatto Van, in cui solo testa e coda sono colorate;
-Gatto calico, se il gene Piebald Spot agisce nei gatti dal mantello rosso e nero;
-Gatto guantato, se la pezzatura si estende solo sulla parte distale dell’arto.
Nei guantati una particolarità è quella dei gatti Ragdoll, in cui si ha una progressiva distribuzione del bianco.
Quindi da “ciò che vediamo”, il fenotipo, risalire matematicamente al genotipo, “informazione genetica che non vediamo”, risulta un’impresa ardua.
È perché la mano dell’uomo, forzando la natura nei vari incroci sperimentali atti ad ottenere razze selezionate, ha avallato il polimorfismo della specie già preda di una mutevole genetica.
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