Anche i nostri amici a quattro zampe sono tutelati dalla legge; ma quali sono i diritti del gatto domestico? Scopriamolo in questo articolo.
Le normative di tutela degli animali sono in continua evoluzione; il Legislatore ha progressivamente accolto le istanze derivanti dal cambiamento culturale in atto nella società, consistente in una maggiore sensibilità verso la condizione dei nostri amici a quattro zampe. Ma è possibile parlare di diritti? E se si, quali sono?
Si può parlare di diritti del gatto?
La legge non riconosce agli animali – e nemmeno a quelli di affezione, alcun tipo di soggettività.
Anzi, a fini della legge civile, gli animali sono delle vere e proprie res; cose che compongono il patrimonio dell’essere umano, e come tali suscettibili di valutazione economica e di disposizione patrimoniale (d’altronde gli animali possono essere acquistati e venduti).
Pertanto, almeno formalmente, sembrerebbe esclusa la possibilità di riconoscere diritti al gatto. Invero nell’ordinamento giuridico l’animale è in una fase di transizione: se è vero, da un lato, che non può essere riconosciuto come soggetto di diritto, è altrettanto vero, d’altro canto, che il Legislatore ne tutela la figura.
In particolare la legge penale prevede alcune fattispecie delittuose volte a preservare l’integrità psicofisica dell’animale, come il reato di maltrattamento di animali (544 ter c.p.), per quanto, formalmente, il bene tutelato dalla legge sia il sentimento che per essi l’essere umano prova.
Pertanto, se in capo ai cittadini si configurano dei doveri nei confronti degli animali – quanto meno quello di astenersi dal compiere determinate condotte – è configurabile l’esistenza, da un punto di vista sostanziale, di diritti in capo al gatto.
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Appurato come anche il gatto abbia dei diritti, cerchiamo di comprendere di quali si tratta.
Fermo restando gli obblighi di legge derivanti dalla disciplina penale (comune a tutti gli animali – d’affezione e non) ci concentreremo sui diritti del gatto domestico, che derivano dai corrispettivi obblighi a carico del proprietario.
D’altronde l’adozione di un gatto è fonte di responsabilità non solo morale, ma anche giuridica.
Sul proprietario incombe l’obbligo di provvedere alla cura del benessere psicofisico dell’animale: sia provvedendo, come ovvio che sia, al sostentamento dello stesso, sia monitorando costantemente il suo stato di salute, intervenendo, ove necessario, avvalendosi delle prestazioni di un veterinario e sostenendo le spese necessarie per le cure (interventi chirurgici compresi), esami clinici e acquisto di farmaci.
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In altri termini, il gatto ha diritto ad essere alimentato e curato dal proprio compagno umano. Non solo, su quest’ultimo grava altresì l’obbligo di provvedere a soddisfare i bisogni etologici del felino, predisponendo un ambiente di vita idoneo per le caratteristiche dell’animale.
Inoltre ha il dovere di custodia del felino: la Cassazione ha stabilito che il reato di abbandono di animali si configura anche nell’ipotesi in cui il proprietario non si attivi nel ricercare il proprio animale che si sia smarrito.
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A. S.
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