Se il gatto si smarrisce, potremmo trovarci nella situazione di dimostrare che è di nostra proprietà. Ecco cosa sapere a riguardo.
Ritrovare il proprio gatto smarrito potrebbe non essere sufficiente per scrivere una storia a lieto fine. Infatti, laddove nel frattempo lo abbia trovato ed accudito un’altra persona, potremmo dover essere costretti a dimostrare la proprietà del gatto. Ecco qualche consiglio utile per essere pronti ad affrontare la spiacevole eventualità.
Sul proprietario di un animale domestico gravano diversi obblighi, concernenti la tutela del proprio amico a 4 zampe.
Tra i vari adempimenti, quello che interessa maggiormente l’ambito di analisi dell’articolo, è il dovere di custodia dell’animale, che si ricava da varie disposizioni.
Ad esempio l’art. 2052 c.c., che stabilisce che il proprietario dell’animale, o chi lo ha in custodia, è responsabile dei danni che esso cagiona a terzi, quant’anche fosse smarrito o fuggito.
Ma l’obbligo di custodia si ricava, quanto meno indirettamente, anche dalle norme penali predisposte dal Legislatore a tutela dei nostri amici a quattro zampe. Su tutte il reato di abbandono di animali, che punisce colui che abbandona l’animale domestico o che abbia acquisito l’abitudine della cattività.
Sul punto, tuttavia, va specificato che la Cassazione ha stabilito che il reato si configura anche nell’ipotesi in cui l’animale si smarrisca o fugga da solo, senza che il proprietario si attivi nella sua ricerca.
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Orbene, laddove il gatto si smarrisca, dovremmo attivarci nella sua ricerca, presentando, prima di tutto, una denuncia di smarrimento, alle forze dell’ordine (ci possiamo rivolgere anche alla polizia municipale) entro tre giorni dall’evento.
La denuncia (è bene conservarne una copia) ci dà diritto alla restituzione dell’animale, laddove venga ritrovato. Ma non sempre è semplice dimostrare la proprietà del gatto.
Come sappiamo, a differenza di quanto accade per Fido, non è previsto l’obbligo di microchip per il piccolo felino (tuttavia in Lombardia è stato introdotto a partire dal 1 gennaio 2020).
Ebbene, il microchip è l’unico strumento che attesti, senza pericolo di prova contraria, che il gatto ci appartiene. Negli altri casi dovremo dimostrare la proprietà dell’animale con altri elementi.
Foto e video che attestano il rapporto affettivo con il felino (meglio ancora se scattate o filmati all’interno della nostra abitazione) potrebbero essere un buon punto di partenza per dimostrare ad un eventuale interlocutore, che nel frattempo si sia preso cura del gatto, che l’animale è di nostra proprietà.
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Un altro indizio molto importante potrebbe essere un segno di riconoscimento che abbiamo messo all’animale, proprio per facilitarne il ritrovamento nell’ipotesi di smarrimento: una medaglietta al collo, che riporta un nostro numero di telefono o un nostro indirizzo.
Non ci avventuriamo oltre, in un ipotetico iter giudiziario volto a rivendicare la proprietà del gatto, con i vari mezzi processuali a disposizione dell’attore (si pensi alla testimonianza del proprio veterinario di fiducia).
Antonio Scaramozza
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