La giurisprudenza ammette la risarcibilità del danno morale per la morte del proprio gatto, ma solo in casi limitati: ecco quali.
Il rapporto che ci lega ai nostri amici a quattro zampe può essere molto intenso e profondo. La perdita del proprio animale d’affezione può essere un evento estremamente doloroso, fonte di turbamento dell’animo. Solo recentemente, tuttavia, la giurisprudenza ha ammesso la risarcibilità del danno morale per la morte del proprio compagno di vita a quattro zampe, seppur in casi limitati.
A norma dell’art. 2043 del codice civile, chiunque cagiona ad un terzo un danno ingiusto, con dolo o colpa (ovvero, rispettivamente, volontariamente o a causa della violazione di regole di comune prudenza o diligenza), è tenuto a risarcire il danneggiato.
Invero, il danno patrimoniale derivante da fatto illecito è sempre risarcibile; quello morale invece, lo è nei soli casi previsti dalla legge. La morte del proprio gatto (o di altro animale d’affezione) cagionata da un fatto antigiuridico cagiona un danno patrimoniale; si pensi alle spese veterinarie sostenute per tentare di salvare vanamente la vita dell’animale.
Si rammenta, inoltre, che ai sensi della legge civilistica l’animale rimane una res; ovvero un bene facente parte del patrimonio e come tale suscettibile di una valutazione economica.
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Il fatto illecito può cagionare anche danni di natura non patrimoniale. Tuttavia, per lungo tempo, la giurisprudenza italiana ha negato la risarcibilità di un danno morale per la perdita del proprio animale d’affezione, limitandosi a riconoscere solo quello di natura patrimoniale.
Solo recentemente, e in netto ritardo rispetto ad altre esperienze giuridiche (basti pensare che nella giurisprudenza d’Oltralpe la prima pronuncia in tal senso è stata emanata negli anni ’60), si è avuta una parziale apertura verso la risarcibilità di tale danno; tuttavia solo in presenza di determinate condizioni.
Innanzitutto, il danno morale può essere risarcito solo nei casi previsti dalla legge: ad esempio nell’ipotesi in cui la morte del gatto sia conseguente ad un fatto penalmente rilevante (si pensi al decesso conseguenza del reato di maltrattamento di animali), o che abbia leso un bene di rilievo costituzionale.
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La Corte di Cassazione civile, tuttavia, con la sentenza n. 4493 del 2009, ha stabilito che il giudice di pace, potendo giudicare anche secondo equità, può disporre il risarcimento del danno non patrimoniale anche al di fuori dei casi preveduti dalla legge, e pertanto anche quello derivante da perdita di animale d’affezione.
Il pregiudizio di natura morale, tuttavia, andrà allegato e provato dall’istante.
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Antonio Scaramozza
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