Vi siete mai chiesti cosa pensa il gatto? Molti studi hanno cercato di dare una risposta a questo interrogativo. Ecco cosa è stato scoperto al riguardo!
Cosa pensa il gatto?
Nel tempo, hanno cercato di dare una a questa domanda diversi ricercatori, che hanno analizzato il comportamento e le azioni degli affascinanti felini, notoriamente meno collaborativi e più nervosi di altri animali in queste situazioni sociali di studio scientifico.
Grazie ai diversi studi fatti, è stato evidenziato come il gatto conservi un’indole selvaggia, che influenza i suoi pensieri e i suoi comportamenti. Si è inoltre riusciti a riconoscere un’importante divisione della cognizione felina in due principali aree: ciò che il gatto pensa di sé stesso e ciò che invece pensa riguardo al suo rapporto con gli esseri umani.
Gli esperimenti e le ricerche svolte allo scopo di interpretare l’atteggiamento, il modo di comunicare e il pensiero dei gatti hanno dato risultati particolari e per certi versi sorprendenti.
Vediamoli insieme.
Sembra che la relazione uomo-gatto sia iniziata all’incirca 9000 anni fa ma nel caso dei felini, differentemente rispetto a quanto accaduto con i cani, pare non ci sia stato un vero e proprio addomesticamento.
Col passare del tempo l’uomo ha scelto il cane come principale animale di compagnia, selezionandolo per le sue caratteristiche di docilità, facilità di addestramento, aspetto fisico particolarmente attraente, ecc.
Nel caso dei felini, invece, è quasi come se fossero stati loro a scegliere gli essere umani, per raggiungere determinati scopi in maniera più semplice e immediata. Nonostante il loro rapporto con noi, infatti, i gatti hanno conservato un forte istinto naturale e un’indole selvaggia, che li condiziona nell’atteggiamento quotidiano. Guidato dall’istinto, per esempio, il gatto porta le prede a casa o mette in atto dei comportamenti insoliti, come bere dal rubinetto.
Nel loro stato selvaggio, i felini erano soliti passare molto tempo a pensare a come cacciare e procurarsi del cibo e il gatto domestico ha conservato questa abitudine, ma dato che la fonte di cibo è ora garantita (in quanto siamo noi a dargli da mangiare), questa caccia diventa ora un gioco.
Per questo motivo, sembra che il micio passi gran parte del tempo ancora oggi a pensare alla caccia o a cacciare per gioco.
I risultati degli studi sulla percezione del gatto di sé stesso hanno fornito risultati piuttosto ambigui.
Infatti, il modo per capire se un animale è consapevole di sé è di farlo guardare allo specchio, ma le reazioni del gatto in queste situazioni non sono molto chiare, perché solitamente non fa nulla ed è difficile giungere a una conclusione certa in merito.
Va meglio se invece si valuta la percezione dell’oggetto nel gatto, ossia la capacità di tenere a mente una qualsiasi cosa fisica anche quando esce dal proprio campo visivo: come impariamo fin da bambini, il fatto che qualcosa esca dalla vista non significa che sia scomparso per sempre. Anche i gatti, quindi, svilupperebbero questa facoltà cognitiva di percepire gli oggetti in modo abbastanza chiaro.
L’esperto in antrozoologia John Bradshaw ha studiato per oltre 30 anni i comportamenti felini e le interazioni tra animali e gli uomini, giungendo a conclusioni molto interessanti su cosa pensano i gatti degli esseri umani.
Nel suo libro “Cat sense”, il ricercatore dell’Università di Bristol ci spiega come i gatti non ci vedano in realtà come persone o padroni, ma come loro simili, solo versioni giganti di sé stessi.
Il felino concepisce l’idea di essere umano come se fosse un gatto con cui socializzare o meno, a seconda delle circostanze, dei suoi interessi e desideri e non ci vede mai come una specie superiore che lo possa dominare (come succede invece con il cane).
Per tale motivo, il rapporto che può avere un gatto con il suo padrone sarà molto simile a quello che avrebbe con un altro gatto: userà gli stessi strumenti comunicativi, quelli che gli sono naturali, come il suo linguaggio del corpo.
Al contrario di quanto avviene con i cani, quindi, i gatti non risponderanno sempre ai nostri ordini o richiami e anzi, il tentativo di modificare il loro comportamento potrebbe generare in loro un forte stress.
I felini sono notoriamente animali molto intelligenti, tanto che spesso sono loro ad addestrare il padrone senza che se ne renda conto, ma al contempo tengono molto a lui. Pur non essendosi lasciati addomesticare, nel corso del tempo i gatti hanno comunque modificato e adattato i loro comportamenti per ottenere quello che desideravano o di cui avevano necessità e hanno imparati nuovi modi di comunicare con gli esseri umani.
Un gatto infatti si esprime con noi anche miagolando, facendo le fusa, sbuffando, giocando o dormendo insieme a noi: questi sono i tanti modi che utilizza per dimostrarci il suo affetto, oltre che per raggiungere determinati scopi.
In conclusione, ciò che determina il pensiero e le azioni del gatto è riconducibile all’istinto, alle relazioni avute con i suoi simili e con gli altri animali e il suo vissuto. In questo contesto è importante interagire con il gatto solo quando vuole effettivamente lui, senza costrizioni, per non farlo soffrire di gravi situazioni di stress.
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R.B.
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