E’ un gesto che caratterizza il loro essere propriamente ‘felini’ ma sapete come fanno i gatti a fare le fusa? Uno studio chiarisce questo loro comportamento.
Spesso si utilizza la stessa espressione anche per riferirsi a una persona che ci fa oggetto delle sue attenzioni affettuose, ma sappiamo che il suono appartiene dai sempre ai nostri felini. Ma per quanto sia comune, non tutti forse sanno che un nuovo studio ha messo in evidenza come fanno i gatti a fare le fusa: in questo modo ne saprete sicuramente di più sul vostro amico a quattro zampe.
E’ probabile che fin dalla prima volta che lo abbiamo visto alla nascita Micio abbia manifestato il suo ‘essere felino’ facendo le fusa, ma in cosa consistono? Si tratta di un suono, simile a un brontolio, che però esprime spesso gioia e relax: non a caso infatti, quando lo emettono, i gatti usano questo suono per comunicare con l’amata figura materna.
E sarà la stessa mamma a ‘rispondere’ al suo cucciolo allo stesso modo, cioè facendo le fusa, per fargli sentire il suo affetto e il suo appoggio. Allo stesso tempo le fusa sono il modo più diretto del felino per esprimere il proprio malessere e disagio, oppure un tentativo di liberarsene (come fosse uno sfogo). Ma come mai si definiscono con questo termine? Perché il suono sordo delle fusa ricorda proprio quello del macchinario, il fuso appunto, quando è in funzione.
E’ interessante sapere che l’origine di questi suoni sordi e prolungati proviene dalle corde vocali, che già in funzione vibrano ma lo fanno a basse frequenze (20 o 30 hertz) grazie alla presenza di cuscinetti adiposi in esse incorporate. Secondo la rivista ‘Current Biology’ pare che non sia mai stato davvero studiato il fenomeno delle fusa, ma che siano comunque involontarie nel gatto.
Infatti pare che il cervello non dia input per produrle: esso infatti ‘comanda’ miagolio e sibilo nel gatto, perché fa premere le corde l’una contro l’altra. Nel caso delle fusa invece pare che, una volta in vibrazione, le corde lo facciano senza bisogno di altre stimolazioni cerebrali. A differenza di quanto fatto fino ad ora, lo studio ha finalmente cercato di ricavare le prove di quanto detto effettuando un esperimento sui corpi di gatti malati terminali e sottoposti ad eutanasia, col pieno consenso dei padroni.
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La teoria che per 30 anni ha ‘tenuto banco’ sulle fusa dei gatti prevedeva circa 30 contrazioni muscolari attive al secondo, da parte del felino che restringeva e rilassava i muscoli faringei. Quest’ultima è stata messa in discussione dallo studio sopra citato, i cui ricercatori hanno fatto passare aria calda e umidificata tra le corde vocali estratte da felini morti per eutanasia.
In questo modo, essendo state isolate le corde vocali e i muscoli faringei, si è dimostrato che il suono si riproduceva indipendentemente dallo stimolo del cervello, quindi senza alcuna contrazione muscolare attiva (come invece si pensava in precedenza): a tale conclusione è arrivato il professore Christian Herbst, esperto della voce all’Università di Vienna e della Shenandoah University.
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