In Puglia le colonie feline sono disciplinate dalla Legge Regionale n. 2 del 2020: scopriamo insieme che cosa stabilisce.
Seppur non si tratti di una competenza esplicitamente attribuita dalla Legge quadro n. 281 del 1991, di norma le Regioni provvedono a disciplinare identificazione e tutela dei gatti in libertà. Non fa eccezione la Puglia, che con la Legge Regionale n.2 del 2020 regolamenta anche le colonie feline del proprio territorio.
I gatti sono liberi di vivere per strada; parola di legge.
È il Legislatore ad averlo statuito, con la Legge quadro n. 281 del 1991, tracciando allo stesso tempo un solco notevole tra quelli che sono i due preferiti animali d’affezione dagli italiani. Il cane, infatti, non è libero di vivere per strada; in altri termini, di essere un randagio.
Il gatto sì, seppur Comuni ed ASL territorialmente competenti (ciascuno secondo quanto stabilito dalla Legge regionale che regola la materia) sono tenuti ad identificare le colonie feline e a monitorare lo stato di salute degli esemplari che ne fanno parte.
Ed è sempre con la Legge quadro n. 281 del 1991 che il Legislatore ha riconosciuto la colonia felina, da intendersi quale gruppo di gatti che vivono o frequentano abitualmente lo stesso luogo, eletto quanto meno a punto di riferimento per ciò che concerne l’alimentazione.
E da questo punto di riferimento i felini non possono essere allontanati, se non per ragioni sanitarie oppure per motivi inerenti la loro stessa tutela.
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La disciplina delle colonie feline della Puglia si rinviene nell’art. 13 della L. R. n. 2 del 2020, rubricata come Norme sul controllo del randagismo, anagrafe canina e protezione degli animali da affezione.
A norma dell’atto, per colonia felina si intende un gruppo di gatti in libertà che frequentano abitualmente lo stesso luogo, indipendentemente dal loro numero e dalla circostanza che siano accuditi o meno da privati; in ogni caso i gatti non appartengono a nessun cittadino.
All’art. 13 il Legislatore pugliese ribadisce due dei principi fondamentali dettati dalla Legge quadro n. 281 del 1991, ovvero il divieto di allontanamento dei gatti dal proprio territorio, nonché il divieto di maltrattamento (che, si rammenta, costituisce reato ai sensi dell’art. 544-ter c.p.).
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Spetta ai Comuni, seppur con l’ausilio dei servizi veterinari delle ASL, delle associazioni di protezione e dei privati cittadini, l’individuazione delle colonie feline. Soltanto all’ASL invece compete la sterilizzazione dei felini, i quali vengono reimmessi, una volta terminata la degenza, nel territorio di provenienza.
Come prassi in tutto il territorio nazionale, i cittadini e le associazioni di protezione che ne facciano richiesta al Comune territorialmente competente possono occuparsi della gestione delle colonie feline, provvedendo alla loro alimentazione e al monitoraggio del loro stato di salute.
Nell’ultimo comma viene ribadito che i referenti che si occupano dell’alimentazione dei felini sono tenuti a rispettare le norme di igiene pubblica e del decoro urbano, provvedendo dopo ogni pasto alla pulizia dell’area utilizzata allo scopo.
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