Nelle Marche le colonie feline sono disciplinate dalla Legge Regionale n. 10 del 1997: scopriamo insieme che cosa stabilisce.
Con la Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo il Legislatore ha delegato le Regioni a regolare vari aspetti della vita dei nostri amici a quattro zampe (e dei loro proprietari). Le Marche disciplinano le colonie feline con la Legge regionale n. 10 del 1997: ecco cosa statuisce sull’argomento.
Lo status del gatto
Agile, leggiadro, sinuoso, elegante, misterioso; sono molte le qualità del felino più amato del mondo, animale d’affezione per eccellenza insieme al cane.
In Italia, addirittura, i numeri sono leggermente a favore del gatto; secondo le ultime statistiche sarebbero circa 7 milioni e mezzo i felini presenti nelle case degli italiani, a fronte dei 7 milioni di cani.
Eppure, giuridicamente, lo status del gatto ci suggerisce una visione differente. Ed anche in questo caso il confronto con Fido è illuminante. Come noto ai più, per i cani è obbligatorio il microchip.
I cani vaganti, invece, devono essere accalappiati, al fine di poter essere identificati, ed accolti nel canile convenzionato con il Comune dove è avvenuto il rinvenimento; vivranno in tali strutture, fino a che, eventualmente, non saranno adottati.
Ben diverso il discorso per il gatto, libero, a norma di legge, di vivere per strada. Certo, il felino può essere accudito da privati od associazioni, per ciò che concerne cibo e monitoraggio dello stato di salute, e sulle ASL grava l’obbligo di sterilizzarli; ma rimane pur sempre libero di vivere come randagio.
In un certo senso, giuridicamente parlando, il gatto si pone a metà tra un animale selvatico e d’affezione, che a prescindere dalla “categoria d’appartenenza”, vive nell’habitat dell’essere umano. Ed un gruppo di almeno due gatti che vive abitualmente nello stesso luogo viene definito colonia felina.
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Legge regionale e colonie feline
Come anticipato nelle premesse, il Legislatore disciplina la materia degli animali d’affezione con la Legge quadro n. 281 del 1991.
In essa sono dettate le linee guida fondamentali che le Regioni sono tenute ad attuare, nel proprio territorio di competenza, ricorrendo alla potestà legislativa ad esse riconosciute.
Gli enti territoriali, pertanto, hanno provveduto a disciplinare il registro dell’anagrafe canina territoriale, le misure di prevenzione del randagismo, i criteri di costruzione e risanamento delle strutture destinate ad accogliere gli animali.
Tra i vari aspetti della materia che le Regioni regolano v’è anche l’identificazione e la gestione delle colonie feline.
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Nelle Marche la normativa di riferimento in materia di animali d’affezione è la L. R. n. 10 del 1997. La Regione ha disciplinato in maniera minuziosa il trattamento della popolazione felina del territorio, cui ha dedicato 4 articoli della normativa, che distingue tra colonie feline, gattili ed oasi feline.
È l’articolo 14-bis che interessa al nostro articolo. Ebbene, per le Marche, a differenza di altri Regioni, le colonie feline possono essere costituite anche da un solo gatto, che vive stabilmente in un determinato luogo, indipendentemente dal fatto che sia accudito o meno da cittadini.
Spetta all’ASUR (Anagrafe Sanitaria Unica Regionale) il censimento delle colonie feline (da aggiornare di anno in anno), con contestuale registrazione del numero di felini che la compongono, della localizzazione, del referente; sempre l’ASUR provvede alla sterilizzazione degli animali.
I Comuni invece possono provvedere alla distribuzione di cibo per i gatti ai referenti delle colonie (i cosiddetti gattari), nonché alla manutenzione delle medesime; manutenzione che può comprendere anche l’installazione di cucce e tettoie, nonché la predisposizione di zone recintate.