Nel Lazio le colonie feline sono disciplinate dalla Legge regionale n. 34 del 1997: scopriamo insieme che cosa stabilisce.
In materia di animali d’affezione il Legislatore si è limitato a dettare i principi fondamentali della materia, lasciando alle Regioni il compito di attuarli, servendosi della propria potestà legislativa. Il Lazio disciplina le colonie feline con la L. R. n. 34 del 1997. Ecco che cosa stabilisce.
Il gatto è un animale in libertà.
Questa è la definizione che il Legislatore ha utilizzato per il piccolo felino, sancendo il diritto dello stesso a vagare per strada e ad eleggere il proprio “domicilio” ovunque voglia, senza che da esso possa essere allontanato.
A differenza del cane (salvo la felice eccezione del cane di quartiere), il gatto può vivere come randagio; la legge lo tollera.
Legge che ha fatto proprio uno stereotipo datato e oramai superato, che vede il felino come indipendente ed in grado di cavarsela in ogni situazione, riuscendo a procacciarsi del cibo anche da randagio. Ma non è proprio così.
Per fortuna sono molti i volontari che si occupano dei gatti di strada, assistendoli sia dal punto di vista alimentare che sanitario.
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A norma della L. 281 del 1991 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) il gatto non può essere maltrattato (d’altronde la condotta costituirebbe reato di maltrattamento di animali, ai sensi dell’art. 544 ter c.p.).
Il felino, inoltre, non può essere allontanato dal luogo in cui ha scelto per vivere. Si parla di colonia felina per riferirsi a due o più gatti che vivono stabilmente nel medesimo territorio.
E chiunque può divenire referente di una colonia felina, denunciandone l’esistenza presso l’ASL territorialmente competente. Il Lazio disciplina le colonie feline con la Legge regionale n. 34 del 1997.
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Nell’art. 11 è stabilito che le associazioni di volontariato animalista possono avere in gestione le colonie dei felini che vivono in stato di libertà, monitorandone lo stato di salute e provvedendo alla loro sopravvivenza.
La sterilizzazione dei felini grava tuttavia sull’USL territorialmente competente; una volta effettuata l’operazione i gatti tornano in libertà.
Nell’articolo è ribadito altresì il divieto di maltrattamento e di allontanamento dal luogo che hanno scelto come proprio territorio. Fermo restando la possibile responsabilità penale della condotta, chiunque violi l’articolo 11 incorre in una sanzione che va dai 250 ai 1500 euro.
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