L’antica leggenda buddhista sui gatti: cosa simboleggiano i nostri a-mici

L’antica leggenda buddhista sui gatti: cosa simboleggiano i nostri a-mici

Affascinanti, misteriosi, magnetici: i gatti sono protagonisti di un’antica leggenda buddhista che ne esalta le incredibili virtù.

Leggenda buddhista gatto
(Foto Canva)

Grazie alle doti fisiche di agilità e leggiadria, oltre che al carattere affettuoso e determinato, i mici sono stati amati e rispettati da numerosi popoli dell’antichità. Non solo Antichi Egizi: scopriamo insieme qual è la straordinaria leggenda buddhista sui gatti e cosa svela sul loro conto.

Felini domestici e tradizioni popolari

I mici sono presenti in numerose tradizioni popolari delle civiltà più antiche e importanti.

Gatto nero (Screen Pinterest)
Gatto nero (Screen Pinterest)

Nell’Antico Egitto, le persone credevano che durante la notte i raggi del sole si rifugiassero negli occhi dei gatti per stare al sicuro.

Non a caso, la dea Bastet, che simboleggiava il calore benefico del sole, era rappresentata come un meraviglioso felino dal manto corvino o come una donna con la testa di gatto.

Anche in Cina i mici avevano una valenza decisamente positiva: la loro presenza allontanava gli spiriti malvagi.

Nell’Antica Roma, i felini domestici erano sacri alla dea Diana, che si credeva avesse elargito loro alcuni dei suoi poteri magici.

Tra le religioni che hanno maggiormente valorizzato questo meraviglioso animale c’è il buddhismo.

Ii gatti incarnano i valori della spiritualità e riescono a trasmettere una sensazione di armonia e calma: ecco cosa svela una affascinante leggenda buddhista su queste meravigliose creature.

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Gatti: cosa dice di loro la leggenda buddhista

Da secoli, in Thailandia viene tramandata una leggenda che riguarda i felini domestici.

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(Foto Adobe Stock)

Le radici del mito affondano nel buddhismo theravada, da cui ha avuto origine il libro ” Tamra Maew”, ovvero “Libro delle poesie e dei gatti”, custodito nella Biblioteca Nazionale di Bangkok.

All’interno di uno dei papiri del volume, è contenuta una storia che parla di morte, spiritualità e reincarnazione.

Infatti, secondo la religione buddhista, la reincarnazione è un processo che permette all’anima di trasmigrare verso un altro corpo, dopo la morte.

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Essa è basata sui concetti karmici: il modo in cui ci comportiamo influisce sulle nostre vite future, migliorando o peggiorando la propria condizione a seconda della nostra condotta.

Secondo alcune usanze tipiche di questa religione, quando una persona moriva, accanto alla salma veniva posto un gatto all’interno della cripta.

Nella struttura era presente una fessura, per permettere all’animale di uscire. Se il micio andava via, si era certi che l’anima del defunto si fosse reincarnata nel corpo del gatto, compiendo un ulteriore passo verso l’ascensione, ovvero il raggiungimento del Nirvana.

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