In alcuni casi affidare il gatto ad un terzo può costituire reato di abbandono: ecco che cosa ha stabilito la Corte di Cassazione.
Chi decide di adottare un animale sa che avrà tanto amore e riconoscenza eterna, ma anche dei doveri che dureranno per tutta la vita dell’animale. Il proprietario ha l’obbligo di curare il benessere psicofisico del suo amico a quattro zampe, delegando a terzi nelle ipotesi di assenza o impedimento temporaneo. Attenzione tuttavia: la Cassazione ha stabilito che affidare il gatto può integrare il reato di abbandono di animali. Ecco quando.
Per comprendere appieno la questione, occorre, prima di tutto, analizzare l’odioso fenomeno dell’abbandono di animali.
Si tratta di una condotta perseguibile penalmente, a norma dell’art. 727 c.p., con l’arresto fino ad un anno o con una multa fino a 10.000 euro.
La sensibilità sul tema degli animali, con particolare attenzione a quelli di affezione, è notevolmente aumentata negli ultimi anni. Inizialmente il reato di abbandono costituiva una contravvenzione; oggi è invece è un delitto (dunque un reato più grave), che prevede un trattamento sanzionatorio più severo.
Tuttavia la norma si limita a prevedere che è punito colui che abbandona l’animale domestico (o che abbia acquisito le abitudini della cattività); è la giurisprudenza che ha delineato in maniera più precisa, e continuerà a farlo, l’insieme delle condotte che vanno ricomprese nell’alveo del disvalore penale espresso dall’articolo commentato.
Si suol pensare al reato di abbandono con l’immagine stereotipata del cane abbandonato sull’autostrada, magari legato ad un guardrail. Ma sono decisamente più numerose le condotte che integrano il reato di abbandono di animali, e che prescindono dal disfarsi della presenza dell’animale dalla propria vita.
Ad esempio la Cassazione ha stabilito che è punibile a norma del suddetto reato chi non si attivi nella ricerca del proprio animale di affezione, che sia scappato o smarrito.
Pertanto in questo caso non viene punita una condotta attiva del soggetto (prendere il gatto, caricarlo in macchina ed abbandonarlo in un luogo lontano da casa, in modo tale che non possa più ritornare); oggetto del biasimo della legge, in questo caso, è l’inerzia del proprietario dell’animale.
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Ebbene, tra le varie condotte che possono integrare il reato di abbandono di animali, rientra anche quello di affidare il gatto ad un terzo, quando questo non sia in grado di accudirlo.
Così ha statuito la Corte di Cassazione, condannando la proprietaria di tre gatti che partendo per le vacanze, aveva affidato ai suoi figli minori il compito di accudirli.
Figli che, comprensibilmente, si dimostravano inadeguati alla mansione, tanto che gli animali venivano trovati in pessime condizioni igieniche. Tra l’altro uno dei felini era gravemente malato.
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Dunque il reato di abbandono sussiste solo nell’ipotesi in cui affidiamo il gatto a chi non è in grado di prendersene cura in maniera adeguata.
Laddove dunque siate in procinto per una vacanza, oppure il nostro animale ha bisogno di non rimanere da solo in casa durante la nostra assenza, dobbiamo rivolgerci ad un terzo che sia in grado di svolgere adeguatamente il compito affidatogli.
La migliore soluzione è sempre quella di rivolgersi ad un professionista, come un pet sitter o pet host, preferibilmente regolando il rapporto con apposita scrittura privata, anche per prevenire qualsiasi tipologia di problemi (si pensi alla responsabilità del cat sitter per aver smarrito il gatto).
Non necessariamente, tuttavia, dobbiamo rivolgerci ad un professionista. È sufficiente scegliere una persona che possa svolgere il compito in maniera adeguata.
Antonio Scaramozza
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