La zooerastia è reato: cosa ha stabilito la Corte di Cassazione

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By Antonio Scaramozza

Curiosita

Non esiste una figura di reato specifica per la zooerastia, tuttavia la condotta è punibile a norma di legge: ecco cosa ha stabilito la Cassazione.

La zooerastia è reato
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L’ordinamento giuridico italiano ha compiuto un grande passo in avanti nella tutela della figura dell’animale con l’emanazione della Legge n.189 del 2004, che ha introdotto il Titolo IX-bis “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”: tra le varie figure di reato, però, non è contemplata la zooerastia, condotta tuttavia passibile di pena.

Reato di zooerastia: di cosa si tratta

La zooerastia è l’accoppiamento tra essere umano ed animale. Un atto bestiale, di cui si macchia la più pericolosa tra le creature che popolano il pianeta, a danno di esseri indifesi, e, che per ovvie ragioni, non possono essere consenzienti.

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Negli ultimi anni sono stati compiuti dei passi da gigante nella tutela della figura dell’animale; con l’emanazione della Legge n. 189 del 2004, il Legislatore ha dotato il codice penale del Titolo IX-bis, rubricato “Dei delitti contro il sentimento per gli animali“, il quale prevede un’ampia gamma di fattispecie a tutela dell’animale.

Tra esse si rammentano, in particolare, il reato di Uccisione di animali (art. 544-bis cp), il reato di Maltrattamento di animali (art. 544-ter cp) ed il Divieto di combattimento tra animali (art. 544-quinquies cp). Non esiste, però, una norma che disciplini il reato di zooerastia.

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Cosa ha stabilito la Cassazione

Questo tuttavia non significa che la zooerastia sia lecita.

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È il giudice di legittimità ad aver stabilito la riconducibilità della condotta nella figura di reato ex art. 544-ter cp, ovvero “Maltrattamento di animali“.

La norma punisce chi, senza necessità o per crudeltà, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie, comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche; ed appunto la zooerastia è un comportamento insopportabile per le caratteristiche etologiche dell’animale.

Il colpevole è punito con la pena della reclusione, che va dai tre ai diciotto mesi, o con la multa da 5.000 a 30.000 euro. L’articolo prevede altresì un’aggravante: se dal fatto deriva la morte dell’animale la pena è aumentata sino alla metà.

Non esiste, dunque, una norma che disciplini in maniera esclusiva il reato di zooerastia; non che siano mancati i tentativi di introdurre nell’ordinamento giuridico la fattispecie.

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In particolare, il Disegno di legge n. 1859 della XVII° Legislatura mirava all’introduzione, nel codice penale, dell’art. 544-ter.1; l’enunciato proposto prevedeva la pena della reclusione da uno a tre anni (o la multa da 50.000 a 160.000 euro) per chi intrattiene rapporti fisici con animali, o per chi li utilizza per produrre o commercializzare esibizioni o spettacoli aventi ad oggetto tali atti.

Il disegno di legge mirava a perseguire altresì chi pubblicizza, divulga, distribuisce (anche a titolo gratuito) o comunque si procura e detiene materiale avente ad oggetto tali atti.

Tuttavia il Disegno di legge è rimasto tale, non essendo stato tramutato in legge.

Antonio Scaramozza

 

 

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