L’occhio, un po’ come una macchina fotografica, è composta da varie parti che “registrano” le immagini.
Il cervello è un po’ come il fotografo che – con un software di fotoritocco – agisce sulle immagini modificandole e elaborandole al meglio.
L’occhio ha il ruolo di agire come una lente. Le componenti sono: la cornea (la superficie anteriore dell’occhio), il cristallino (dietro la cornea, una vera e propria lente che serve principalmente alla messa a fuoco).
In un occhio normale l’immagine arriva precisamente sulla cornea (emmetropia); se invece l’immagine non arriva precisamente sulla cornea, ma davanti o dietro la cornea, ci saranno problemi quali miopia e ipermetropia.
Nel cane, la cornea in principio non ha nessuna differenza sostanziale con quella dell’uomo, funziona allo stesso modo.
Non ci sono grandi differenze nel ruolo della cornea del cane e quella dell’uomo. Così come nell’uomo, ci sono difetti visivi nelle varie razze – con predisposizioni – come miopia e ipermetropia.
Ad esempio, il difetto visivo nei Rottweiler è in media di una diottria in meno nella miopia. Questi dati sono molto sottovalutati dai veterinari ed esperti.
Immaginate una persona miope che ha bisogno degli occhiali praticamente per tutta la giornata. Se non avesse gli occhiali sarebbe una vita davvero complessa.
Nel cane, la miopia peggiora con l’età: ci sono più probabilità di miopia e un peggioramento della miopia negli anni. Potrebbe spiegarsi così il comportamento di cani anziani che potrebbero non riconoscere più persone note.
La retina migliora la qualità delle informazioni da inviare al cervello, come un sensore di una macchina fotografica.
Il primo valore dettato dalla retina è l’acuità visiva (o risoluzione), cioè il livello di dettaglio di un’immagine che la retina riesce a fornire. In un uomo sano adulto lo standard è di 20/20, al di sotto del quale c’è una riduzione dell’acuità.
Ma come possiamo fare un esame visivo del cane? Ci sono studi sperimentali per questo tipo di esame, basati sull’alternanza di immagini con bande nere verticali o orizzontali.
Il cane veniva addestrato a scegliere sempre lo stesso tipo. Le immagini progressivamente avevano un numero sempre maggiore di bande.
A lungo andare, il cane vedeva un’immagine indistinta. I risultati del massimo numero di alternanze è tra 8 e 9, per il cane è tra 2 e 3. La risoluzione spaziale del cane è inferiore dell’uomo.
Se un uomo vede un’immagine ben distinta, il cane vede quell’immagine un po’ sfocata.
L’acuità è determinata dal numero di recettori visivi e da come questi sono distribuiti. Questa distribuzione dipende dalla forma del cranio del cane, e dalla posizione degli occhi.
Ad esempio nel carlino, una della più famose razze di cani brachicefali, sono concentrati in un’unica zona della superficie della retina (esattamente come nell’uomo).
Quando si aumenta la lunghezza del cranio del cane, e gli occhi sono posizionati più ai lati del cranio, la distribuzione si ampia su zone diverse.
Nel levriero, ad esempio, non c’è una zona in particolare in cui ci sono i recettori, anche se sono sempre dello stesso numero, ma quel numero viene “spalmato” su un’area più grande.
Le conseguenze sono due: la posizione degli occhi del cane (non frontali come l’uomo) fa sì che il campo visivo sia più largo di quello dell’uomo.
Inoltre, la disposizione dei recettori, stabilisce l’area di visione più nitida è nell’uomo centrale e quasi circolare, nei cani – specie quelli con gli occhi più laterali rispetto al cranio – ha una risoluzione più bassa ma che si estende lungo l’orizzonte.
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Dalla retina dipende anche la capacità di discriminare i colori. La discriminazione dei colori dipende dalla presenza di diversi tipi di recettori, che una volta combinati tra loro possono creare diverse combinazioni di colori.
Nell’uomo sono molti più che nel cane (e nella maggior parte dei mammiferi), quindi un cane riesce a distinguere meno colori rispetto all’uomo.
Per molto tempo si pensava che i cani vedessero in modo simile ad un uomo daltonico. In realtà, dipende dalla luminosità degli stimoli e dell’ambiente. Il verde pieno e il rosso pieno, ad esempio, hanno una differenza di luminosità oltre che di colore.
Se eliminiamo il colore e lasciamo solo la luminosità, possiamo vedere che il rosso è molto più luminoso del verde. Questo significa che un cane può comunque distinguerli anche se solo dalla luminosità.
Se invece si escludono differenze di luminosità, il cane riuscirà a distinguere colori diversi con grande accuratezza, comunque, se la luminosità ambientale è molto bassa.
Se la luminosità ambientale aumenta, il cane diventa progressivamente meno capace di distinguere rosso e verde, ma ancora distinguere altri colori come giallo e blu.
Questo dimostra che la percezione dei colori esiste nei cani, ma è molto più complessa di quello che pensiamo, perché è legata anche alla luminosità ambientale.
La vista dei cani quindi è migliore a condizioni di scarsità di luce, e per alcuni versi vedono meglio di noi con scarsa luce.
Ricordiamo che l’esperienza dei colori è soggettiva: ricordate l’immagine del vestito blu a strisce nere o bianco a strisce oro? Questo ci fa capire che le immagini e i colori sono legate all’interpretazione del nostro cervello.
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F. B.
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