Uno studio scientifico appena pubblicato dimostra come una piccola formica possa cambiare l’ecosistema dei leoni.
L’ecosistema è un insieme naturale formato da una comunità di organismi e dall’ambiente fisico nel quale vivono. In un ecosistema ogni singola forma di vita, da quella più piccola a quella più grande, ha un suo ruolo fondamentale. A dimostrarlo ancora una volta è uno studio scientifico pubblicato sulla rivista «Science» e avente per oggetto l’ecosistema della savana. Le ultime ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato come una specie di formica di piccolissime dimensioni, la formica “testa grossa”, sia stata in grado di determinare un cambiamento negli alberi dell’Africa, necessari ai leoni per cacciare. L’arrivo di questa formica sta quindi trasformando l’ecosistema e le abitudini alimentari dei grandi felini africani.
Lo studio è stato messo a punto da un team di ricercatori tra i quali spicca Todd Palmer, etologo e professore presso il Dipartimento di Biologia dell’Università della Florida. La ricerca, intitolata Disruption of ant-plant mutualism shapes interactions between lions and their primary prey, è stata pubblicata sulla rivista «Science».
Gli studiosi hanno evidenziato come la formica dalla testa grossa sia una specie invasiva che sta modificando completamente l’ecosistema africano. Questi piccoli insetti stanno infatti, a poco a poco, riducendo la copertura arborea della savana. Gli alberi rappresentano un valore fondamentale per i carnivori predatori, soprattutto per i leoni. I grandi felini, infatti, sono abituati a cacciare sfruttando l’ombra degli alberi. Secondo lo studio, dove gli alberi sono stati ridotti dalle formiche invasive anche il numero di zebre uccise è diminuito notevolmente.
Secondo le ultime ricerche apparse sulla pubblicazione scientifica statunitense, la «Science Advances», il pianeta Terra «potrebbe perdere più di un decimo delle sue specie vegetali e animali entro la fine del secolo». Gli scienziati affermano infatti che una specie su dieci si estinguerà per i cambiamenti climatici nei prossimi decenni.
La biodiversità è a rischio così come gli ecosistemi. Nella lista rossa delle specie in via di estinzione si allunga ogni anno. Un esempio è l’estinzione di diverse specie di uccelli, come un piccolo pappagallino originario dell’Australia dal piumaggio arancione e verde.
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La formica testa grossa, nota in inglese come “big-headed ant”, è una specie di formica classificata con il nome scientifico di Pheidole megacephala. Originaria delle isole dell’Oceano indiano (la sua presenza è documentata alle Mauritius), è stata scoperta nel XVIII secolo e da allora si è diffusa in tutte le zone tropicali e subtropicali del mondo. La formica testa grossa è catalogata tra le cento specie invasive più dannose al mondo, in grado di modificare completamente l’ambiente in cui si stabiliscono.
Nell’Africa orientale, le formiche locali si nutrono del nettare di un’acacia nota come Vachellia drepanolobium, la specie arborea maggiormente presente nella savana. Le formiche, mordendo la corteccia degli alberi, iniettano nelle foglie e nel tronco acido formico. Questo non è nocivo alla pianta, ma respinge animali come gli elefanti che così non si avvicinano all’acacia e non la calpestano o distruggono. Anche la specie di formica dalla testa grossa si nutre dell’acacia Vachellia drepanolobium, senza però produrre acido formico. Per le sue dimensioni maggiori, queste formiche scacciano quelle locali che non iniettano l’acido formico necessario a respingere gli elefanti. Secondo la ricerca scientifica, nelle aree invase dalla formica testa grossa, gli alberi vengono distrutti con una probabilità di sette volte maggiore di quello di un’area protetta dalle formiche locali.
Nello studio pubblicato sulla rivista «Science», gli scienziati hanno rilevato come questa specie di formica invasiva stia cambiando la copertura arborea dell’Africa orientale. Gli specialisti delle università della Florida, della Columbia, del Wyoming e del Southwest Biological Sciences Center dell’U.S. Geological Survey hanno scritto nel loro documento che «Questi invasori stanno cambiando i legami che legano un ecosistema africano, determinando chi viene mangiato e dove». Dal momento che le formiche non iniettano l’acido formico nel tronco, gli elefanti distruggono gli alberi e i leoni non possono ripararsi all’ombra delle chiome dell’acacia per cacciare le zebre. Tre decenni di ricerche e le immagini derivate dalle trappole fotografiche nascoste, hanno permesso al team di scienziati di comprendere la complessa rete di interazioni tra formiche, alberi, elefanti, leoni, zebre e bufali.
Nell’area faunistica africana del Kenya centrale, è stato scoperto che gli alberi di acacia della Ol Pejeta Nature Conservancy sono protetti da una specie di formica che nidifica tra le spine bulbose e che respinge con il suo acido i grandi erbivori, come elefanti e giraffe. L’arrivo della formica Pheidole megacephala ha quindi innescato una catena di eventi che ha portato a un cambiamento nel comportamento predatore-preda, che potrebbe costituire un ulteriore pericolo per la specie in pericolo di estinzione dei leoni.
Dal momento che i leoni senza la copertura arborea non possono cacciare le zebre hanno iniziato ad attaccare i bufali. Gli scienziati mostrano la loro preoccupazione nel cambiamento dell’alimentazione dei leoni e della loro strategia di caccia. Gli specialisti stanno studiando quindi interventi, come recinzioni temporanee, per ridurre al minimo l’impatto delle formiche invasive sulle popolazioni arboree. (di Elisabetta Guglielmi)
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