La fattispecie penale che punisce l’uccisione di animali è disciplinata dall’art. 544-bis c.p.; scopriamo la sanzione comminata al colpevole.
Nell’adeguarsi al cambiamento culturale in atto nella società, sempre più sensibile alla sorte degli animali, il Legislatore ha predisposto un corpus di norme penali a tutela dei medesimi, all’interno del quale è presente anche il reato di uccisione di animali, previsto e punito dall’art. 544-bis del codice penale.
Con la Legge n. 189 del 2004, il Legislatore ha introdotto nel codice penale il titolo IX bis, denominato dei “Delitti contro il sentimento per gli animali“.
Il corpus normativo è costituito da fattispecie penali che ledono l’integrità psicofisica degli animali, seppur, almeno formalmente, ciò che viene tutelato è il sentimento che per essi l’essere umano prova. Ecco di quali si tratta:
A tali fattispecie va aggiunto il reato di abbandono di animali previsto e punito dall’art. 727 c.p., che originariamente costituiva una contravvenzione.
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A norma dell’art. 544-bis viene punito chi cagiona la morte di un animale senza necessità o per crudeltà. Si tratta di due requisiti alternativi; è sufficiente la presenza dell’uno o dell’altro per configurare il fatto di reato.
Quali sono le necessità che scriminerebbero la condotta? Esse sono individuate dall’art. 19-ter delle disposizioni preliminari di coordinamento e transitorie al codice penale: si tratta della caccia, della pesca, della macellazione e della sperimentazione animale.
Per quanto permesse dalla legge, tali attività vanno pur sempre eseguite senza crudeltà; in caso contrario si configurerebbe la responsabilità penale ai sensi dell’art. 544-bis per l’autore del fatto.
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Per crudeltà si intende l’inflizione della morte all’animale con modalità tali da destare ripugnanza nel comune senso di pietà dell’essere umano.
Si rammenta, infatti, che formalmente la norma tutela il sentimento che per essi l’uomo prova; l’animale non è riconosciuto come soggetto di diritto, rimanendo una res ai sensi della legge civilistica.
La condotta deve essere caratterizzata dal dolo dall’autore, ovvero dalla volontà di quest’ultimo di realizzare il fatto di reato. Per il colpevole è prevista la pena della reclusione da quattro mesi a due anni; il precedente limite edittale prevedeva una pena dai tre ai diciotto mesi.
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Antonio Scaramozza
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