In caso di sinistro stradale causato da animali randagi: su chi grava il risarcimento? Scopriamo insieme cosa prevede la legge.
Purtroppo non è raro vedere sulle strade animali che vagano da soli. Non è facile capire in pochi istanti se si tratta di animali di proprietà, che hanno eluso temporaneamente la sorveglianza del proprietario, o randagi che vivono in strada: un luogo pieno di insidie, soprattutto a causa delle auto che circolano. Ma nell’ipotesi di sinistro stradale causato da animali randagi, su chi grava il risarcimento? Ecco cosa dice la legge.
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Il randagismo è una piaga sociale ben lungi dall’essere sconfitta. Nonostante l’ordinamento giuridico italiano abbia disciplinato la materia da ormai quasi trent’anni, con la L.281/1991, che promuove la sterilizzazione di cani e gatti, il fenomeno è ben lontano dall’essere superato.
A ciò si aggiungano i numeri, sempre drammatici, dell’abbandono di animali: un odioso reato, sintomo di inaudita civiltà verso creature indifese, e che tocca il suo picco durante i mesi della stagione estiva.
La strada diventa così la loro casa: un rifugio senza riparo dalle intemperie, dalla calura della stagione estiva, e senza la certezza di un pasto assicurato, senza cure, con pericolo di malattie che i randagi possono trasmettere anche alle persone.
Senza contare i pericoli della strada, ovvero le auto che circolano. Ovviamente i più indifesi sono proprio gli animali randagi: tanti sono quelli che restano a terra sull’asfalto, vittime innocenti della strada. Anche gli automobilisti possono subire dei danni al loro mezzo di trasporto.
In questo caso, trattandosi di animali randagi, su chi grava la responsabilità? Chi deve risarcire l’automobilista?
In linea generale, gli enti chiamati a rispondere dei danni cagionati da animali randagi in un sinistro stradale sono il Comune e l’Asl territorialmente competenti; il primo in qualità di proprietario della strada; il secondo quale ente preposto alla cattura dei cani randagi presenti sul territorio di un comune rientrante nella sua sfera di competenza.
Questo in linea generale, come spiegato. La normativa di prevenzione del randagismo, ovvero la legge quadro 281/1991, si limita a dettare quelli che sono i criteri guida della materia, delegando alle Regioni il compito di attuarli con propri atti normativi.
Quindi, in ogni caso, occorrerà fare riferimento alle legislazioni regionali di riferimento (o provinciali, per ciò che concerne le province autonome di Trento e Bolzano).
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Tutto così semplice? Non proprio. All’automobilista non basterà provare il danno subito, il fatto che è stato causato da un animale randagio e il luogo dove è avvenuto. La Corte di Cassazione, con alcune pronunce, ha delimitato l’ambito di responsabilità di Comuni e Asl.
I suddetti Enti sarebbero responsabili sono laddove non si siano attivati per la cattura dell’animale vagante sul proprio territorio.
Quindi l’attore (ovvero l’automobilista che ha subito il danno) dovrà dimostrare che, prima dell’avvenimento del sinistro stradale, vi erano già state delle specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, senza che gli organi preposti si fossero attivati per la cattura dell’animale randagio rientrante nella sfera di competenza.
Una decisione che lascia più di qualche dubbio. Si pensi all’automobilista che a causa di un animale randagio, incappi in un sinistro in un Comune nel quale si trova a passare per la prima volta, e al quale mai dunque avrebbe potuto segnalare con tempo congruo la presenza dell’animale.
Antonio Scaramozza
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