Quella di ricorrere a richiami vivi durante le battute di caccia è una pratica, purtroppo, ancora legale: ecco cosa stabilisce la legge.
È difficile leggere di norme che regolano la caccia per chi considera questa pratica crudele, inutile e se vogliamo oramai anacronistica. Tuttavia è bene informarsi sull’argomento, anche per essere pronti nel denunciare eventualmente alle autorità competenti le violazioni delle leggi che regolano la materia: ecco cosa sapere sui richiami vivi.
Richiami vivi: cosa sono
“La caccia sarebbe uno sport bellissimo, se anche gli animali avessero il fucile“; così il sublime humour di Groucho Marx condensava in poche parole la vigliaccheria di chi si dedica ad una pratica tanto crudele nei confronti di esseri indifesi e innocenti.
A chi è dedito a tale attività spesso non basta l’enorme vantaggio dato dall’uso delle armi , e ricorre anche ai richiami vivi.
È purtroppo, tristemente, molto facile capire di cosa si parla: i richiami vivi non sono altro che uccelli in gabbia, che con il loro verso fanno da esca ad altri conspecifici, che cadono preda del cacciatore.
Quella dei richiami vivi, se vogliamo, è una pratica ancora più crudele della caccia in sé, la quale di solito porta alla morte istantanea della vittima.
Ma l’uccello utilizzato come richiamo vive perennemente rinchiuso, in condizioni ben lontane dal rispetto dei suoi bisogni etologici e della sua identità di essere vivente, tenuto segregato e al buio, durante i mesi estivi, in freddi e bui scantinati, affinché perda l’orientamento delle stagioni e creda di vivere in inverno.
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Sono sempre legali?
Pratica crudele, certo, ma legale. L’art. 544 ter cp (Maltrattamento di animali) punisce chiunque sottopone un animale, per crudeltà o senza necessità, a fatiche, sevizie, a lavori o comportamenti insopportabili per le sue caratteristiche etologiche.
Evidentemente la pratica dei richiami vivi, e le condizioni di vita a cui sono sottoposti non sono considerate insopportabili, oppure è considerata necessaria; essa è disciplinata dalla Legge n.157 del 1992 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che stabilisce la legalità della pratica.
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Quantomeno se esercitata con esemplari delle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Ogni cacciatore può detenere, al massimo, 40 richiami vivi, non superando il limite di 10 esemplari per la stessa specie.
Tali animali devono essere identificati mediante anello inamovibile, numerato secondo le norme regionali che regolano la materia.
Antonio Scaramozza