Il reato di maltrattamento di animali è un fenomeno purtroppo ancora molto diffuso. Scopriamo insieme com’è disciplinato dalla legge.
Con il passare degli anni la tutela degli animali è un’esigenza sempre più avvertita; non più una questione di nicchia, ma una tematica che è riuscita ad imporsi all’attenzione nazionale. Di pari passo, nel corso degli anni, la legge si è adeguata, assicurando un livello di protezione sempre più alto. Uno dei reati più importanti introdotti dalla legislazione nazionale è quello del Maltrattamento di animali. Vediamo più precisamente di cosa si tratta.
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Le prime norme di tutela degli animali
Come abbiamo detto, la legislazione in materia di tutela degli animali è cresciuta di pari passo all’imporsi della questione, a livello culturale e mediatico, nel nostro Paese. Tra le prime disposizioni di tutela ricordiamo il reato di abbandono di animali. Originariamente si trattava di una contravvenzione, e prevedeva un trattamento sanzionatorio meno duro per il colpevole.
Da ricordare anche la Legge quadro n.281 del 1991, disciplinante la materia degli animali di affezione e della prevenzione del
randagismo, che già promuoveva le prime disposizioni che vietavano il maltrattamento degli animali di affezione.
Il reato di maltrattamento di animali
Il reato di maltrattamento di animali è previsto dall’art. 544 ter del codice penale, che punisce
chiunque, per crudeltà o senza necessità, procura una lesione ad un animale o lo sottopone a comportamenti, sevizie o lavori incompatibili con le sue caratteristiche eziologiche.
La pena è la reclusione da tre a diciotto mesi, oppure una multa che va da 5.000 a 30.0000. In particolare, il trattamento sanzionatorio economico, nella misura massima risulta molto afflittivo; non lo è ancora invece la pena della reclusione, troppo bassa nel massimo e per la quale spesso viene concessa la sospensione dell’esecuzione.
Risponde del reato di maltrattamento di animali anche chi somministra loro sostanze stupefacenti o li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. La morte dell’animale, che sia conseguenza della condotta criminosa, è circostanza aggravante: determina un aumento di pena fino alla metà.
Il reato è procedibile d’ufficio: questo significa che l’Autorità giudiziaria, venuta a conoscenza del fatto di reato, ha l’obbligo di procedere, indipendentemente dall’esistenza di eventuali soggetti terzi lesi dalla condotta criminosa. Una norma di civiltà, a tutela di esseri viventi e senzienti.
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Le altre norme penali a tutela degli animali
Il reato di maltrattamento di animali è stato introdotto dalla Legge n. 189 del 2004, che ha previsto altre figure di reato:
- Uccisione di animali, previsto e punito dall’art. 544 bis c.p., che punisce chiunque cagioni la morte di un animale (non solo domestico) senza necessità e/o con crudeltà;
- Spettacoli o manifestazioni vietati, previsto e punito dall’art. 544 ter c.p., che punisce chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali;
- Divieto di combattimenti tra animali, previsto e punito dall’art. 544 quinquies c.p., che punisce chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica;
- Abbandono di animali: questa fattispecie penale non è stata introdotta dalla Legge n. 189 del 2004, in quanto già presente nel codice penale. Nel corso degli anni il trattamento sanzionatorio per il colpevole è stato inasprito progressivamente.
Inoltre si ricorda che in caso di condanna per i reati di cui agli articoli 544 ter, 544 quater e 544 quinquies del codice penale, il proprietario giudicato colpevole subisce la confisca dell’animale.
Antonio Scaramozza