Questa falena ha una particolarità e la acquisisce, sin dai tempi antichi, dopo aver completato la sua metamorfosi: scopriamo il perché.
“Ho una collezione di farfalle, ma la mia preferita è la Sfinge di morto“, spiega un utente rispondendo con enfasi a un filmato condiviso da @unforgottenplastco, su IG, nei giorni scorsi. La passione di questo utente per l’Atropo (o Acherontia atropos) è quella per una larva. Per una crisalide che – in seguito alla sua trasformazione in esemplare adulto – è nota, sin dai tempi antichi, per essersi presto trasformata in un nefasto archetipo. Il significato accostato all’Atropo è dovuto, in particolare, a una caratteristica della sua conformazione fisica. In realtà l’Atropo non è – però – una farfalla, come indica l’utente, ma una falena originaria dei territori dell’Eurasia e dell’Africa.
Il lepidottero in questione, nell’antichità, veniva associato a un presagio di sfortuna. Tra le credenza popolari dei territori di sua originaria provenienza, infatti, l’Acherontia atropos si manifestava agli occhi di chi la incontrava sul suo cammino come un segno di un qualcosa di negativo che sarebbe accaduto a breve. Tale associazione esiste – per l’Atropo – in virtù di una macchia a forma di teschio, di colore bianco o giallino, che si trova sul suo dorso.
Con il passare dei secoli l’accostamento della Sfinge di morto al presagio di sfortuna è lentamente svanito, lasciando il posto a una considerevole ammirazione da parte degli esperti di lepidotteri in tutto il mondo per questo esemplare. L’Atropo è un lepidottero di medie dimensioni appartenente alla famiglia delle Sphingidae (o Sfingidi), innocuo e dalle grandi ali.
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Secondo gli studiosi che hanno approfondito negli anni l’origine della macchia a forma di teschio, la quale aveva ingiustamente reso il lepidottero fonte di ogni nefasto presagio nell’antichità, sembra che tale segno particolare dell’Atropo derivi esclusivamente dalla sua necessità di sviluppare – in caso di bisogno – una funzione autoprotettiva. Ovvero un modo molto efficace per tenere il più lontano possibile i suoi predatori.
Diversamente dalla rassicurante apparenza che ha la Falena colibrì, l’Atropo – di primo acchito – può apparire come un esemplare di lepidottero potenzialmente pericoloso per l’uomo. Ma, in realtà, i suoi colori austeri non soddisfano nessun altro bisogno se non quello di ricorrere alla sua ottima capacità di mimetizzarsi nella natura per poter sopravvivere. Nello stato di bruco l’Atropo ha un colore giallo acceso, con delle sfumature verdi e azzurrine, talvolta accompagnate da piccoli pois neri.
La Sfinge di morto – con le sue ali (gialle e nere) – può raggiungere circa 130 centimetri di apertura alare. Mentre, sempre riguardo alle sue strategie di protezione, l’Atropo è in grado di produrre un suono simile a un intenso stridio per riuscire a dissuadere i predatori ad avvicinarsi.
Nella fase adulta la Sfinge di morto trascorre il suo tempo riproducendosi e cibandosi di nettare. Invece quando si trova nella fase di larva l’Atropo si nutre principalmente di alcune piante scelte, nella maggior parte dei casi, dai suoi antenati. (Giada Ciliberto)
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