Il lavoratore ha diritto a dei permessi retribuiti per assistere il proprio animale domestico? Cosa stabilisce la legge in merito?
È piuttosto ampio e variegato il novero di permessi retribuiti di cui può usufruire il lavoratore nel corso della propria carriera, al fine di poter soddisfare svariate esigenze. Fra essi si possono annoverare i permessi per la cura dell’animale domestico? Scopriamo insieme che cosa stabilisce la legge.
Il primo dei doveri del proprietario di un animale d’affezione è quello di vegliare sul suo stato di salute, monitorandolo costantemente con controlli periodici e visite dal veterinario.
Questo, ovviamente, non ci può assicurare che il nostro amico a quattro zampe starà sempre bene; dovremo preventivare che, prima o poi, il nostro animale d’affezione avrà bisogno di cure mediche.
I problemi in cui può incorrere, ovviamente, possono essere di svariato tipo; può trattarsi di malesseri passeggeri, che non destano particolare preoccupazione, così come possono palesarsi patologie più serie, che magari richiedono perfino un intervento chirurgico con conseguente degenza dell’animale.
E questo potrebbe essere un problema, specie per chi fuori tutto il giorno per lavoro e non può permettersi grandi spese extra per rivolgersi ad un professionista che stia tutto il giorno con il nostro amico a quattro zampe: chi veglierà sul proprio animale d’affezione mentre non siamo a casa?
Purtroppo la legge non contempla permessi retribuiti per stare accanto al proprio animale domestico; un vuoto legislativo che andrebbe colmato al più presto, sia considerando l’ampio novero di tipologie di permessi riconosciuti al lavoratore (tra i vari, lutto, esami e concorsi, matrimonio, allattamento, permessi ex lege 104/92, permessi per i donatori di sangue), sia l’innegabile crescita di sensibilità verso la sorte degli animali d’affezione (correlata all’evoluzione legislativa), sia considerando il più recente orientamento giurisprudenziale che si è potuto registrare sulla materia.
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È infatti dell’ottobre dell’anno scorso il caso balzato agli onori della cronaca concernente i permessi retribuiti per l’animale domestico. Una lavoratrice della Sapienza di Roma aveva chiesto, invano, un permesso retribuito di due giorni per assistere il proprio cane, il quale avrebbe dovuto affrontare un’intervento chirurgico.
Al riscontro negativo del proprio datore di lavoro, la donna si è rivolta all’Ufficio legale della LAV, riproponendo l’istanza con motivazioni più convincenti, su tutte quella secondo cui la mancata cura del proprio animale d’affezione può integrare gli estremi del reato di abbandono di animali, come da solido orientamento della Cassazione.
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La nota Università romana ha così accettato la richiesta della propria dipendente, la quale ha potuto assentarsi dal proprio lavoro per accudire il proprio cane dopo l’operazione. Il caso di certo costituisce un buon viatico per il futuro; ma ad oggi il vuoto legislativo sull’argomento ancora perdura.
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