I gatti hanno il pelo di tanti colori e fantasie. Ma perchè si creano queste strisce e macchie sul manto? Lo rivela una ricerca.
Da dove derivano i segni sul pelo di un gatto, quelle strisce e macchie che rendono i mici adorabili e simili ai grossi felini selvatici? La scienza rivela che dietro queste fantasie e colori particolari ci sono aspetti finora sconosciuti. Le ultime ricerche, però, hanno finalmente svelato il mistero che si cela dietro il mantello dei nostri adorati gatti.
Secondo una teoria di più di 70 anni fa, i gatti hanno le macchie e/o le strisce sul loro pelo a causa di alcuni modelli già presenti in natura. Questa teoria finora era comunque un mistero.
I biologi hanno in realtà già identificato quali sono le cellule del follicolo dei peli che rendono gli stessi di colore nero, giallo, rosso o marrone, dando così colore ai gatti.
Ma il punto ancora da chiarire era come si creassero questi modelli: le strisce, le righe, le macchie, le chiazze, i puntini, e così via.
Gli scienziati di genetica dell’istituto Hudson-Alpha di biotecnologia in Alabama, negli Stati Uniti, sono partiti già con degli indizi a riguardo.
Già in passato, negli anni ‘50, l’informatico ante litteram Alan Turing (matematico, filosofo e autentico genio), suggerì che le molecole si “accendono” e “spengono” a vicenda.
In pratica, queste molecole inibiscono o attivano le altre, creando quindi degli schemi grafici che possiamo vedere in natura, come sul pelo dei nostri gatti.
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Negli anni ‘80, ci sono stati altri scienziati che usando questa teoria di Turing hanno provato a sviluppare un’ipotesi sulla creazione di questi modelli di colore e sull’origine e sul loro sviluppo in natura.
Si sono concentrati, nello specifico, sul comportamento delle molecole che attivano o inibiscono le cellule, producendo o no colore.
Si è scoperto quindi che le molecole che si attivano danno ad una cellula il colore, ma allo stesso tempo producono degli inibitori. Questi si diffondono più velocemente degli attivatori, e fermano la produzione di pigmenti, quindi di colore.
Questa teoria è stata ulteriormente confermata nel 2019, quando è stata dimostrata ancora una volta su dei fiori, quelli della cosiddetta Orchidea Scimmia (Dracula simia).
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Ma come si arriva al pelo dei gatti, dopo queste teorie scientifiche? In effetti, fino a questo punto non era ancora chiaro come questi schemi si formassero nel pelo dei mammiferi.
Nel 2020, però, un team di ricercatori ha scoperto che la risposta a questa domanda era legata a due proteine: due molecole, chiamate WNT e DKK4.
Nei gatti, la molecola WNT agisce come un attivatore, mentre la DKK4 funziona come inibitore. Sulla pelle scura di un micio, le quantità delle due molecole sono pressoché uguali.
Ma nelle aree più chiare della pelle di un gatto, invece, la proteina DKK4, che può muoversi più rapidamente, “spegne” la WNT, impedendo così la produzione di pigmento.
In passato, abbiamo anche parlato del legame che c’è tra il colore del pelo di un gatto e la sua personalità.
Questo significa che si ferma la produzione di colore nei peli, e si generano strisce o macchie. Questo tipo di modello conferma anche la teoria di Turing.
L’interazione tra molecole spiega inoltre che i vari modelli di colore nel pelo dei mammiferi sono un modo per dimostrare quella che è l’economia della natura.
Le molecole vengono in qualche modo “riutilizzate” dalla natura, per progettare strutture anche estremamente diverse, formando i particolari elementi grafici e non dell’anatomia degli animali.
F. B.
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