Perché i popoli locali adoravano i gatti nell’antico Egitto? Tutte le curiosità su questo culto che sembra quasi un’ossessione per i felini.
Culto o ossessione? In che modo l’amore e la passione per i felini caratterizzava la vita delle popolazioni nate e cresciute sulle sponde del Nilo? Tutto quello che c’è da sapere sui gatti nell’antico Egitto: perché erano adorati tanto e in che modo venivano considerati in quei luoghi.
Vi siete mai chiesti come mai gli antichi Egizi adorassero così tanto i gatti? La risposta è in realtà molto suggestiva, in quanto mescola elementi esoterici al culto dei morti all’amore per l’eleganza e la raffinatezza, tipiche dei felini. La chiave giusta è proprio nel ruolo che le antiche popolazioni locali attribuivano a questo animale: il gatto infatti era, secondo loro, il guardiano del Regno dei morti.
La presenza di un’effigie raffigurante il micio aveva dunque una mansione precisa, quella di ‘impedire’ alle anime dei defunti di attraversare la soglia dell’ultraterreno per ritornare nel mondo dei vivi. Insomma il felino faceva in modo che il i morti riuscissero a riposare definitivamente e a trovare la loro pace nel mondo dei defunti.
Non è affatto una novità che la superstizione fosse predominante nel passato (e in alcuni casi, ancora oggi), e travolgesse tutti gli aspetti della vita quotidiana dei popoli locali. Naturalmente queste credenze coinvolgevano anche animali tanto adorati come i felini, che erano dei veri e propri ‘amuleti’ per gli abitanti del Nilo.
La presenza di un oggetto raffigurante il gatto o dell’animale stesso in carne e ossa, rappresentava una sorta di ‘scudo protettivo’ verso il maligno e tutte le divinità portatrici di sciagure e sventure, come ad esempio il Dio Seth.
Ma perché ai gatti venivano attribuiti tali ‘poteri’? E’ probabile che questa credenza sia nata osservando i comportamenti tipici dei gatti, che da sempre affascinano gli appassionati: pensiamo a quando Micio ha lo sguardo fisso nel vuoto o su un punto che apparentemente non ci sembra così interessante.
Se a noi questo sembra un comportamento strano, quasi inspiegabile, per gli antichi Egizi quello era il momento in cui il gatto percepiva la presenza di una entità astratta e invisibile e dalla quale i felini li proteggevano. Infatti vi era sempre un’aura misteriosa e minacciosa che avvolgeva queste entità oscure invisibili e ‘incontrollabili’: non a caso è noto il rapporto stretto dei felini con l’aldilà (pensiamo a come alcune credenze associno il gatto nero alla sfortuna e alla morte).
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I fattori alla base di questo culto possono essere anche di natura più ‘pratica’, ovvero legata alla incredibile capacità visiva dei felini di notte: secondo gli Egizi i gatti avevano la capacità di ‘trattenere’ la luce del giorno nei loro occhi e sfruttarla nelle ore di buio pesto. In realtà studi successivi dimostreranno che la vista notturna dei gatti è più potente di quella umana perché la loro retina è più ricca di ricettori della luce adatti alla visione notturna rispetto all’uomo.
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In altre parole al gatto serve un sesto della luce che serve a noi per vedere: e questa è sicuramente un’arma importante da sfruttare nella caccia, innata e insita nel loro DNA. E bisogna sottolineare appunto anche la loro indole predatoria, molto utile per tenere alla larga i topi dai granai, fonte essenziale di nutrimento e guadagno.
Oggi come allora è possibile che gli umani abbiano notato e goduto dei benefici dell’avere un gatto in casa, sia dal punto di vista morale sia da quello fisico (come gli effetti positivi sul ritmo cardiaco ad esempio).
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