Negli ultimi tempi il gufo è diventato soggetto di portafortuna e tatuaggi: ma qual è il significato di questo rapace notturno?
Se ne sono create intere collezioni di soprammobili, ciondoli e portafortuna, per non parlare di tatuaggi che lo vedono protagonista: stiamo parlando del gufo! Cosa rende questo uccello rapace notturno così attraente e quali leggende hanno arricchito la sua fama di animale propizio e fortunato amuleto? Ecco il significato del gufo nelle varie culture, che lo hanno ‘eletto’ animale porta-fortuna, o anche esattamente il contrario, fino ai giorni nostri.
Questo uccello dall’aspetto talvolta goffo e simpatico e altre volte inquietante e lugubre, appartiene all’ordine dei rapaci notturni, detti anche Strigiformi (alla stessa famiglia appartengono barbagianni e civette). Ciò che rende particolari questi volatili è lo sguardo: gli occhi sono frontali e sono delineati da due cerchi scuri, con al centro ben visibile una striscia chiara e pupille di colore arancione. Questi stessi occhi non si muovono mai, infatti sono fissi: di conseguenza il gufo è costretto a spostare interamente la testa di 270˚ per osservare ciò che gli sta intorno. Eppure essendo un rapace notturno è perfettamente in grado di vedere anche in totale assenza di luce, di notte appunto. Il suo corpo generalmente ha i colori della terra e degli alberi, con i quali riesce perfettamente a mimetizzarsi: collo, testa e ali sono marroni, con sfumature più scure, mentre il resto del pennuto è chiaro. In natura esistono circa 5 specie di gufi: dal più piccolo ‘elfo’ di circa 15 cm a quello comune (lungo circa 34 cm) a quello reale (la cui apertura alare può arrivare a 2 m).
Alcune specie di gufo hanno il loro habitat naturale in America settentrionale e in Asia. La sua capacità di adattarsi a vari climi e contesti ambientali lo ha portato a sopravvivere in tutta Europa, oltre che nelle zone di origine. Ovunque ci siano boschi con conifere e campagne, ma paradossalmente anche in centri abitati dall’uomo, potrebbe esserci un gufo. Ama radunarsi in un gruppo in quanto è un animale poco solitario. si nutre di insetti, altri uccelli, di rettili come i serpenti e di roditori. La sua tecnica di caccia è piuttosto raffinata: vola fin su la preda senza fare rumore, la afferra con gli artigli e inizia a beccarla per stordirla. Infine la ingoia per intero senza smembrarla. Naturalmente caccia di notte e di giorno si riposa negli incavi degli alberi, dove riesce a mimetizzarsi perfettamente grazie ai suoi colori.
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Sebbene sia spesso amuleto porta-fortuna le accezioni di questo rapace sono molto varie e contrastanti: vi sarà capitato di sentir paragonare un uomo triste e silenzioso ad un gufo. Non sempre l’appellativo di ‘gufo’ è così positivo, tutt’altro! Quest’ultima accezione ha le sue radici in una credenza popolare medievale, per la quale il gufo è associato alla sfortuna. D’altra parte il significato del verbo ‘gufare’, verbo piuttosto recente nei vocabolari italiani, è portare sventura.
Una volta gran parte delle culture antiche amavano identificare le divinità non con sembianze umane, bensì con quelle degli animali. Di conseguenza anche il gufo avrebbe acquisito la sua accezione simbolica una volta associato alla divinità prescelta. Nella cultura ittita, fenicia, egiziana, etiope, sumera, romana, araba, indù, mesoamericana, il simbolo del gufo è sempre stato connotato di negativo: cattivi presagi, divinità demoniache, stregonerie, malattie e di conseguenza morte. In Siria questa già lugubre significato si arricchiva della variante di ‘desolazione’, mentre nella cultura egizia esso rappresentava l’unione degli opposti. Ancora oggi questo simbolismo negativo permane nelle culture africane: il gufo è ancora associato alla magia nera e alla stregoneria: il popolo Swahili crede che esso porti malattie ai piccoli appena nati, per gli Zulu è l’uccello degli stregoni, messaggero di maghi e streghe, infine in Madagascar accompagna le streghe nelle danze sulle tombe dei morti.
Ancora oggi in Messico vi è un detto famoso, che tradotto vuol dire: ‘Quando il gufo canta, l’indio muore’… insomma nulla di buono! Per molti popoli dell’America centrale come aztechi, hopi, maya, e peruviani il gufo è un simbolo di morte e distruzione, poiché associato al Signore dei Morti. Ma per le popolazioni indigene in realtà il gufo ha un significato di doppia valenza, poiché è portatore di doti sia positive sia negative: se da una parte era venerata la sua capacità di ‘penetrare’ il buio, dall’altra esso simboleggiava la morte e il silenzio del mistero. Naturalmente queste accezioni erano legate alla psiche umana: da una parte il totem del gufo aiuta a ritrovare la luce, dall’altra la sua connessione con le tenebre fa paura. Spesso si incarna nella figura del traditore che trama nell’ombra.
Nel Medioevo il gufo simboleggiava la saggezza e la riflessività: non a caso gli studenti che dovevano affrontare prove di esame portavano con sé (già allora) un oggetto con la forma di questo volatile. Merito della predilezione della dea Atena per lui e per le civette, la quale viene sempre rappresentata nelle effigi con uno di questi uccelli. La sua profonda saggezza, ereditata dalla stessa figura divina, si esplica ne fatto di poter vivere nell’ombra e nel buio della notte: simbolicamente l’ambientazione notturna è sinonimo di una realtà difficile, eppure il gufo riesce a squarciare il velo oscuro. Il fatto di vivere la notte comunque gli conferiva un’aura di mistero e magia, ma anche nel senso occulto del termine. Infatti gufi e civette erano considerati portatori di cattiva sorte e attorno alle loro figure o rappresentazioni sono sorte tantissime superstizioni e credenze. Ma vi è una distinzione in realtà: se il gufo anziano esprime il valore della saggezza, la civetta col suo verso terrificante portava sfortuna. Nel Medioevo infatti è nata una di queste leggende: il gufo era spesso attirato dalla luce delle candele che venivano accese nella stanza delle donne. Una volta entrato il gufo si trasformava in un demonio e possedeva le povere sventurate, poi le rapiva e le riportava nuovamente a casa. Ma una volta ritornate le donne non sarebbero mai state più le stesse.
La leggenda racconta che il gufo, dopo aver assistito all’atroce morte di Gesù, avrebbe scelto di non vivere più di giorno. Sarebbe vissuto di notte, al buio e senza mai più cantare: il suo verso infatti rappresenta un lamento per la morte del figlio di Dio. I cristiani hanno da sempre associato il gufo e la civetta alle tenebre dell’Oscurità, e dunque a Satana (teoria che avrebbe influenzato tutto il Medioevo). Essi erano infatti considerati gli ‘uccelli del malaugurio’ perché connessi appunto al Demonio, alle stregonerie e alla magia occulta. Un’interpretazione contrastante però esalta il gufo come l’unico animale in grado di far luce nelle tenebre: la sua funzione è paragonabile a quella di Gesù Cristo, che ha salvato gli uomini dall’oscurità, mostrando loro la luce eterna.
Per il filosofo Hegel la stessa materia poteva essere incarnata nel gufo: il rapace dagli occhi potenti riesce a guardare ‘oltre il buio della conoscenza’, riesce a raggiungere la luce del sapere, ma con un limite. Il filosofo infatti sosteneva che la filosofia giunge a comprendere una condizione storica solo dopo che questa è già trascorsa, quindi senza la capacità di predirle. Nella stessa fisionomia del gufo e del suo occhio vi è un richiamo alla lettera greca φ (fi), che simboleggia la filosofia: la lettera infatti associa i valori di armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca. Sulle monete di un euro greco spesso è rappresentata la Civetta di Minerva, di medioevale memoria.
Di tendenza sempre crescente è ormai l’uso di tatuarsi un gufo su alcune parti del corpo come la spalla o la gamba, ma in realtà tutto il corpo si presta ad essere arricchito da questo simpatico volatile, che spesso è associato al personaggio della Disney di Anacleto, il celebre aiutante di Mago Merlino. Dopo aver approfondito le varie accezioni che ha conquistato l’animale nella storia delle civiltà, è quasi scontato che la sua accezione primaria sia legata alla sapienza, alla saggezza e anche all’oscurità, grazie a questo ambiguo legame con il mondo delle tenebre. Come animale notturno il gufo è sicuramente associato al mondo dell’Aldilà: di certo il suono lugubre del suo verso e lo sguardo inquietante dei suoi occhi gialli aumentano la sua fama di portatore di morte. Tuttavia è anche simbolo di saggezza grazie alla sua capacità di guardare oltre il buio e quindi di fare luce sulla conoscenza e sul sapere. La sua simbologia inoltre può essere omaggio ad un defunto, a una persona che in vita ci è stata cara e che vogliamo ci accompagni per il resto dei nostri giorni, impressa sul corpo.
Naturalmente i più romantici e sognatori potrebbero preferire il gufo Anacleto della Disney, mentre altri potrebbero optare per una simbologia più realistica: quindi senza giocare troppo con le linee e con i colori. Di grande valenza naturalmente sarà la realizzazione dello sguardo, che è il tratto caratteristico dell’animale notturno in questione: quindi attenzione agli occhi!
Le linee del disegno che riprendono lo stile dei cartoon potrebbero disegnare un gufo (paradossalmente) più ‘solare’. La figura da cartoni animati del gufo è priva di quelle connotazioni negative elencate in precedenza: anche gli occhi grandi e colorati possono diventare lo ‘specchio’ di un anima candida e pura.
Se invece no vogliamo distaccarci troppo dalla tradizione che lo vede sempre come ‘tramite’ tra il mondo dei vivi e quello dei morti, possiamo associare il gufo ad altri simboli come ad esempio i teschi. Di certo questa connotazione evidenzia il suo lugubre significato di morte e distruzione: sceglierlo come tattoo è quindi il voler manifestare una sorta di disagio interiore nei confronti della società e di sé stessi.
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F.C.
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