Una domanda che ha tormentato il mondo della scienza e adesso tormenta noi seguaci della cultura pop: il gatto di Schrödinger è vivo o morto?
Questo gatto ha ossessionato la mente di tutti gli scenziati e i fisici teorici del mondo. La sua vita in particolare è stata fonte di appassionato interesse e persino chi non ha mai avuto niente a che fare con la Scienza (almeno non professionalmente) almeno una volta nella vita si sarà chiesto: ma il gatto di Schrödinger è vivo o morto?
Se non ti sei mai posto questo quesito, può essere soltanto per i seguenti motivi:
Tutt’e tre queste condizioni sono rimediabili, perché questo pezzo propone una chiarificazione dei fatti anche a coloro che pensano che “Schrödinger” sia il nome di un gatto morto, ucciso in qualche modo bizzarro. Visto che per arrivare alla risposta della domanda più antica dell’universo (“nascosta in bella vista”), il gatto di Schrödinger è vivo o morto?, è necessario rifare il percorso della storia per tutti coloro rimasti indietro, ritorniamo giusto al principio, a quando tutto è cominciato.
Vi spieghiamo chi è Schrödinger, quale tipo di esperimento ha fatto e cosa c’entra il povero gatto, scomparso ormai da quasi un secolo.
“Il gatto di Schrödinger” è un esperimento teorico, apparentemente paradossale, ideato da uno scienziato austriaco che tentò di illustrare l’incompletezza della teoria della meccanica quantistica quando si passa dai sistemi subatomici a quelli macroscopici (per far comprendere meglio, usando parole improprie: quando si passa dalla teoria alla pratica).
Ai pagani lontani dalle teorie scientifiche, questo animale risulta noto grazie ai milioni di riferimenti nella cultura popolare. I mass media hanno trasposto in più modi il concetto facendolo diventare uno dei tanti emblemi dell’immaginario comune, un meme da usare tutte le volte che si parla di relatività e possibilità alternative non misurabili.
Vediamo dove appare il gatto nella letteratura e nella televisione.
La letteratura è innamorata dei gatti e di tutti gli animali: è possibile trovare riferimenti dappertutto su gatti, cani e qualsiasi specie vivente. Ma quando un micio è così famoso, gli scrittori non si fanno sfuggire l’occasione di citarlo ovunque sia possibile. I riferimenti pop colpiscono al cuore i lettori più competenti.
Non passò molto tempo prima che gli scrittori di fantascienza acquisissero questo concetto evocativo, usandolo spesso con un senso umorostico. Molti hanno fatto un ulteriore passo avanti nell’esperimento teorico, sottolineando ulteriori complicazioni che potrebbero sorgere qualora l’esperimento fosse effettivamente eseguito.
Ad esempio, nel suo romanzo “American Gods”, Neil Gaiman fa osservare a un personaggio: Se non aprono mai la scatola per dargli da mangiare, alla fine sarà comunque un gatto morto, in due diversi tipi di morte.
Allo stesso modo, “Lords and Ladies” di Terry Pratchett aggiunge la questione di un terzo stato possibile, nel caso di Greebo, “Bloody Furious”.
Douglas Adams descrive un tentativo di mettere in atto l’esperimento nell’agenzia investigativa olistica di Dirk Gently. Usando la chiaroveggenza per vedere dentro la scatola, si scopre che il gatto non è né vivo né morto, ma semplicemente non c’è nessun gatto.
In “Schrödinger’s Cat-Sitter” di F. Gwynplaine MacIntyre (pubblicato sulla rivista “Analog”, luglio / agosto 2001), un viaggiatore nel tempo di nome Smedley Faversham visita il passato per intervistare Schrödinger ma viene ingannato e raggirato affinché si prenda cura del gatto della moglie di Schrödinger, che è via insieme al marito. Nel tentativo di accudire questo micio, Faversham lo chiude inavvertitamente in un armadietto con un contatore Geiger, una fiala di acido e un martello, attuando involontariamente nella pratica l’esperimento teorico, ma con risultati che rimangono incerti come nel caso originale.
Un altro esempio del gatto nella fiction popolare è il gatto Quark, dal libro di Jeff Noon “Automated Alice”. In questo romanzo, Alice fa la domanda Sono reale o sono falsa?, che è molto simile a È vivo o è morto?
Lo scrittore di fantascienza e psicologo americano Robert Anton Wilson ha scritto la trilogia del romanzo “Schrödinger’s Cat” come sequel ideale di “La trilogia degli Illuminati”. La trama di questo romanzo intreccia molti personaggi che vivono in universi paralleli. Ogni parte del romanzo è numerata come “Parte prima”.
Nei libri di Dan Simmons, “Endymion” e “The Rise of Endymion”, uno dei principali protagonisti viene condannato a morte e la pena è una versione più grande della scatola del gatto di Schrödinger: in questo modo sarà la possibilità casuale, piuttosto che una singola persona, l’artefice della sua eventuale morte.
Sono moltissimi i riferimenti a questo gatto che appaiono nelle serie tv, ma non potendo fare una lista completa ed esauriente, vi forniamo soltanto i titoli degli show più noti in cui questo gatto compare.
In uno degli episodi della famosa sit-com sui nerd, la protagonista Penny è indecisa se dare o no una possibilità a Leonard di stare con lei. Per questa ragione chiede consiglio a Sheldon, il quale le espone l’esperimento di Schrödinger, proponendolo come esempio. Nella testa di Penny “Il gatto è sia vivo e sia morto” vuol dire che una sua eventuale storia d’amore con il dirimpettaio sarà sia un successo che un fallimento, almeno fino a quando non aprirà quella scatola, che significa uscirci insieme per vedere come finisce.
L’episodio del 2007 “Blink” racconta di una razza di esseri denominati “Angeli piangenti”. Questi sono descritti come “quantum-lock”, il che significa che non esistono quando vengono guardati, ma possono rivelarsi letali se non osservati. A un certo punto del seguente episodio, il Dottore menziona anche di aver incontrato il gatto di Schrödinger.
I riferimenti dell’esperimento in questa serie animata, realizzata dallo stesso ideatore de “I Simpson”, sono innumerevoli.
Ad esempio, l’episodio “Mars University” raffigura una vera e propria parodia, poiché è presente un esperimento chiamato “Witten’s Dog”, visualizzato su una lavagna. Inoltre, nell’episodio “The Luck of the Fryrish”, quando il vincitore di una corsa di cavalli con “finitura quantistica” viene deciso da un microscopio elettronico, il professor Farnsworth esclama: Non è giusto! Hai cambiato il risultato misurandolo.
In un episodio intitolato “The Right Stuff”, mentre parla dell’apparizione di Allison Cameron (presumibilmente in Arizona), la dottoressa Wilson osserva: … dal momento che non è un gatto morto, è scientificamente impossibile che si trovi in due posti contemporaneamente. Il personaggio centrale, Gregory House, risponde: Scherzo della fisica: non ne sentiamo abbastanza.
Questo esperimento teorico, divenuto incredibilmente popolare in tutto il mondo, è uno dei concetti più famosi e fraintesi della meccanica quantistica. Pensando molto intensamente al quesito che questo esperimento ci propone, i ricercatori sono arrivati a intuizioni spettacolari sulla realtà fisica.
Il fisico austriaco Erwin Schrödinger, che aiutò a fondare la disciplina della meccanica quantistica, concepì per la prima volta il suo enigma “felino” nel 1935, come un commento ai problemi originariamente posti dal luminare Albert Einstein, secondo un articolo del “Quanta Magazine”.
Mentre sviluppavano la loro nuova comprensione del regno subatomico, la maggior parte dei colleghi di Einstein e Schrödinger si erano resi conto che le entità quantistiche esibivano comportamenti estremamente strani. Il fisico danese Niels Bohr ha sostenuto l’idea che particelle come gli elettroni non avessero proprietà ben definite fino alla loro misurazione. Prima di ciò, le particelle esistevano in quella che è conosciuta come una “sovrapposizione di stati”, con, ad esempio, una probabilità del 50% di essere orientata “verso l’alto” e una probabilità del 50% di essere orientata “verso il basso”.
Ora queste parole possono sembrare abbastanza difficili da comprendere per chi non conosce i concetti di base del regno subatomico e della realtà quantica: sembrano, in effetti, termini usciti da qualche film di fantascienza.
A Einstein, in particolare, non piaceva questa spiegazione poco precisa e approssimativa. Voleva sapere come, esattamente, misurare l’universo con criteri assolutamente certi e affidabili.
Allora Schrödinger sottolineò questa assurda pretesa di Eistein, utilizzando come esempio il suo famigerato gatto.
Supponiamo che uno costruisca uno strano aggeggio, scrisse Schrödinger in un documento del 1935 intitolato “La situazione attuale nella meccanica quantistica”. L’apparato è costituito da una scatola in cui, al suo interno, si trova una fiala sigillata di cianuro, sopra la quale è sospeso un martello, attaccato a un contatore Geiger, che si attiverà per l’influenza di un piccolo grumo di uranio leggermente radioattivo. All’interno della scatola c’è anche un gattino. La scatola è sigillata e l’esperimento viene eseguito per un determinato periodo di tempo, forse un’ora. In quell’ora, l’uranio, le cui particelle obbediscono alle leggi della meccanica quantistica, ha qualche possibilità di emettere radiazioni che verranno poi raccolte dal contatore Geiger, che a sua volta rilascerà il martello e frantumerà la fiala, uccidendo il gatto per avvelenamento da cianuro.
Secondo gente come Bohr, fino a quando la scatola non viene aperta e lo stato del gatto non viene “misurato”, rimarrà come sospeso tra la realtà di essere vivo e la realtà di essere morto, essendo in potenza entrambe le cose contemporaneamente.
Persone come Einstein e Schrödinger si sono opposte a tale possibilità, che non concorda con tutto ciò che la nostra esperienza ordinaria ci dice: i gatti sono vivi o morti, non entrambi allo stesso tempo.
C’è da dire che lo scienziato che diede inizio a tutto, ossia Bohr, riuscì a trovare nell’esempio fornito dal suo collega Schrödinger una prova a sostegno della sua teoria: dunque il suo oppositore non fu poi tanto bravo ad esprimere la sua opinione. Infatti, finché una cosa non si vede non si crede, come ci insegna anche il discepolo Tommaso nella Bibbia. Se io non conosco che fine ha fatto il povero micio, per me è reale sia la possibilità che sia vivo sia quella che sia morto, nella stessa misura. Un dato che non può essere misurato, e non si può neppure presupporre (sarebbe molto poco scientifico), si deve semplicemente accettare per quello che è: una strada che va in due direzioni.
Il gatto di Schrödinger è vivo; il gatto di Schrödinger è morto. Entrambe le risposte vanno bene e valgono in contemporanea.
Ma la cosa più importante da sapere è che questo gatto, fortunatamente, non è mai esistito, se non nella testa di chi lo ha inventato e nell’immaginario comune.
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S.S.
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