Ma è vero che il gatto è più legato al padrone o alla casa? Alcuni studi, e un po’ di buonsenso, hanno dato la risposta: ecco come rispondere.
I gatti sono spesso protagonisti di ‘false verità’ e supposizioni, che in realtà restano spesso ad un livello molto superficiale del mondo dei felini. E’ vero che si tratta di animali con caratteristiche e tratti caratteriali simili e comuni, ma non bisogna fare in alcun modo di tutta ‘un’erba un fascio’. Infatti ogni micio è una storia a sé e potrebbe avere dei gusti che lo spingono in una direzione piuttosto che in un’altra. Vediamo dunque se il gatto è effettivamente più legato al padrone o alla casa.
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Una delle ‘accuse’ più ingiuste al gatto è quella di essere meno affezionato e affettuoso nei confronti del proprio umano rispetto all’altro animale domestico per eccellenza, il cane appunto. Ma non è assolutamente vero e molti ‘gattofili’ possono smentire questa affermazione. Il micio riesce ad affezionarsi al padrone, a soffrire con lui e per lui e a prendersi cura di tutta la sua famiglia. Sebbene gli si possa imputare un po’ (forse anche più di un po’) di disobbedienza, il micio ama ricevere le cure e l’affetto degli umani che lo circondano, e in particolare del suo padrone.
La maggior parte di questi luoghi comuni inoltre non ha alcun fondamento scientifico, ma si basa a volte solo su una propensione verso il cane a discredito del felino (Leggi qui: Padroni di cani o di gatti: l’eterna sfida tra cinofili e gattofili). E’ vero che si tratta di un animale schivo e solitario, che ama la sua solitudine e i suoi momenti di intimità, ma è altrettanto vero che il gatto vuole e desidera stare in compagnia in casa, come e quando dice lui.
Sebbene un micio abituato a vivere in casa abbia di certo una maggiore necessità del padrone, perché incapace, o meglio non abituato, a doversi procacciare del cibo e a proteggersi dai pericoli, non si può definire il suo atteggiamento ‘opportunista’. Infatti con questa definizione si vuole sottolineare, erroneamente, che il gatto non ha bisogno di socializzare con i suoi simili e con gli esseri umani: assolutamente falso! In realtà il gatto maschio selvatico vive poco a contatto con i suoi simili, tranne nel momento dell’accoppiamento, mentre la femmina tende ad essere molto presente e a contatto con i suoi cuccioli e con gli altri gatti sia al momento del parto, dell’allattamento e della prima educazione dei gattini (leggi qui: Mamma gatta dopo il parto: comportamenti comuni e mostruosi nel post-partum). Spesso però tutti i gatti che vivono in strada si trovano a vivere (condividere) in colonie feline, con tutti i problemi di ‘convivenza’ che ne derivano (esattamente come accade nei nostri condomini).
Si tratta sempre di un animale relazionale anche nel caso del gatto che vive in casa. Ha bisogno di rapporti sia umani sia felini, ma non tutti li creeranno allo stesso modo. Come per gli umani, esistono esemplari più o meno estroversi e che hanno una maggiore voglia di compagnia rispetto ad altri. Molto dipende sicuramente dalla singola personalità ma anche dalle esperienze vissute in precedenza: storie di violenza e traumi nel gatto possono essere un ostacolo alla costruzione di nuovi rapporti (Leggi qui: Perché il gatto non si fa accarezzare? Scopriamolo).
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Sebbene possa sembrare che il micio sia talvolta più affezionato alla casa e alle abitudini domestiche piuttosto che al suo umano, e viceversa, in realtà vi è una spiegazione scientifica, o meglio storica, a questo quesito. I gatti infatti sono sempre stati abituati a vivere in casa ma la loro ‘funzione’, almeno fino a qualche decennio fa, era di proteggere l’abitazione dall’assalto dei topi. Quindi era l’uomo stesso a badare alla sua alimentazione per tenere in vita questo suo ‘aiutante’ ma senza prestarci neppure troppa attenzione: i rapporti con l’uomo infatti spesso si limitavano ad un rapporto di ‘utilità’, ovvero il micio faceva da guardiano in cambio di cibo e acqua. In pratica non era opportuno parlare di ‘gatto domestico’ poiché il micio viveva in uno stato di semi-libertà.
Anche Jean Fabre, esperto di insetti Esapodi, sosteneva nell’Ottocento che le possibilità che un gatto e un uomo potessero creare un legame fossero molto scarse. Ma il tempo e i fatti hanno dimostrato il contrario: il gatto è un animale relazionale, che ama stare in famiglia e avere rapporti con il suo padrone. Quindi non è vero che il gatto è legato più alla casa rispetto al padrone, poiché anche le sue abitudini e lo stile di vita è cambiato negli anni ed è diventato più ‘domestico’. Ciò però non significa che il micio sia un animale facile da addomesticare ed educare (Leggi qui: Educare il gatto: nozioni di base per l’addestramento di micio).
Gli studi di questo famoso entomologo francese potrebbero essere considerati oggi ai limiti del maltrattamento felino: infatti i suoi ‘esperimenti’ mettevano a dura prova (e anche a rischio) la vita stessa dei felini che venivano esaminati. Spesso infatti sottoponeva il micio a test durissimi: lo conduceva lontano da casa, o comunque lontano dal territorio che ben conosceva, per capire se era in grado di ritrovare da solo la strada di casa. Per rendere il suo compito ancora più difficile, lo studioso metteva il felino in un sacco e lo faceva roteare per mettere alla prova il suo senso dell’orientamento (Leggi qui: I gatti ritrovano la strada di casa: il motivo di questa capacità).
Dai risultati dei suoi ‘esperimenti’ (a tratti crudeli) aveva dedotto che i gatti riuscissero spesso (e nonostante tutto) a tornare a casa perché erano molto legati al territorio e alla casa, ma non al padrone. Ma ciò, come si può facilmente sperimentare con una convivenza con un gatto, non è vero. Il gatto infatti seguirebbe il suo padrone ovunque, ma ciò non ci giustifica a cambiare spesso le sue abitudini e a costringerlo ad adattarsi a luoghi sempre nuovi (Leggi qui: Abituare il gatto alla casa nuova: consigli per il cambio abitazione).
Francesca Ciardiello
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