Negli ultimi anni si è alzata l’attenzione verso la pratica dell’accattonaggio con animali, della quale i movimenti animalisti chiedono il divieto: ecco cosa stabilisce la legge.
Non è raro imbattersi in clochard, posizionati ai margini di strade che brulicano di gente, chiedere l’elemosina, tenendo con sé un animale (nella maggior parte dei casi si tratta di cani, e spesso di cuccioli). Cosa si nasconde dietro la pratica dell’accattonaggio con animali? È perseguibile a norma di legge? Scopriamolo insieme in questo articolo.
La rilevanza penale dell’accattonaggio
Per accattonaggio si intende la pratica di chi mendica per sopravvivere, quando questo espediente costituisce l’unico mezzo di sostentamento. Ed un tempo, in realtà non troppo lontano, era considerato reato penale.
L’art. 670 cp prevedeva l’arresto fino a tre mesi per chiunque mendicasse in luogo pubblico, indipendentemente dal fatto che adoperasse mezzi fraudolenti, vessatori o simulatori, il qual fatto comunque costituiva un’aggravante.
La fattispecie è stata abrogata dall‘art. 13, del D.lgs. 13 luglio 1994, n. 480; ma oramai da tempo non si avvertiva più la necessità della pretesa punitiva di un comportamento non più considerato come socialmente pericoloso.
La pratica dell’accattonaggio oggi costituisce reato solo laddove sia esercitata con modalità vessatorie, o simulando deformità o malattie, o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà.
Alla luce di quanto disposto dal succitato enunciato dell’art. 669 bis cp, può considerarsi implicito il divieto di accattonaggio con animali?
Non pare possa avere esito positivo il responso: l’utilizzo di un animale nell’atto del mendicare non sembra possa ricondursi all’utilizzo di mezzi fraudolenti, vessatori o simulatori.
Eppure sempre in più luoghi si registra il divieto di accattonaggio con animali: merito di disposizioni regionali e regolamenti comunali, che hanno accolto le istanze di associazioni animaliste, le quali hanno posto l’attenzione sulla necessità di tutelare il benessere psicofisico dell’animale, sfruttato senza ritegno da chi esercita tale pratica per un ritorno economico.
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Una pratica non sempre illecita
L’equazione clochard con animale – illecito (laddove vige) di accattonaggio con animali non è sempre esatta; anzi, spesso non lo è.
Nella maggior parte dei casi gli animali sono gli unici affetti su cui un clochard può contare; ed il fatto che gli siano accanto nei vari momenti della giornata, e perché no, anche all’atto del mendicare, non costituisce automaticamente un illecito.
Certo, un cane posseduto da un clochard difficilmente disporrà di un microchip (che, si rammenta, è un obbligo di legge), e con grande probabilità non sarà sottoposto a tutti i trattamenti sanitari obbligatori previsti per legge; e pur tralasciando tali aspetti, forse viene automatico chiedersi come una persona che non ha i mezzi per sostenere una vita normale possa prendersi cura di un altro essere vivente.
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Ma l’applicazione tout court del divieto di accattonaggio con animali, che potrebbe colpire indiscriminatamente ogni clochard, indipendentemente dalle sue reali intenzioni, può innalzare un’inaccettabile barriera economica, che discriminerebbe ulteriormente chi, oltre a non poter possedere nulla di materiale – financo nella forma dei bisogni più basilari della vita, non può nemmeno permettersi l’affetto di un animale
Eppure le soluzioni, quelle costruttive e non divisive, non mancano: un esempio virtuoso proviene da Barcellona, ove è stato siglato un accordo per tutelare gli animali dei senzatetto. Spesso basta poco; anche limitarsi a copiare dai più virtuosi, purché si abbia l’umiltà di prenderne atto.
Antonio Scaramozza