Quali sono le differenze principali tra un bue e un toro? Cosa hanno in comune e perché a volte si crea una certa confusione nel distinguerli.
Perché il bue e il toro sono diversi? Non appartengono forse alla stessa specie? Ecco perché queste risposte possono dare vita a qualche fraintendimento. Da uno studio dell’etimologia della parola si passerà a definire tutte le differenze tra un bue e un toro, con riferimenti anche alle diverse destinazioni finali dei due animali. Perché la vera differenza è nel loro ‘sfruttamento’, sebbene appartengano alla stessa famiglia. Questa ed altre curiosità che nel tempo hanno portato a una divisione netta tra bue e toro.
Così come siamo portati ad associare ‘bue e asinello‘, allo stesso modo siamo spinti a pensare al bue e al toro come due animali differenti. Ciò non è del tutto vero, e ora capiremo il perché. Prima di addentrarci nelle differenze tra bue e toro è necessario capire cosa si intende con queste parole.il termine ‘toro’ è legato a quello di ‘Italia’ o meglio il greco ‘italós’, che indica il bovino maschio. Non a caso la nostra nazione veniva identificata come la terra dei tori, poiché ospitava il popolo dei Vituli o Italoi nelle zone dell’attuale Calabria. Essi venivano appellati così poiché veneravano un dio dalle sembianze taurine.
E ‘bue’? con questo termine si indica il maschio della famiglia dei bovini ma, a differenza del toro, destinato alla macellazione. Questa sua disgraziata fine segnerà la sua intera esistenza, a partire dall’allevamento all’alimentazione. La loro castrazione consente di ottenere degli animali dediti alla fatica nei campi, piuttosto pacati e sottomessi, e di ceto inadatti all’accoppiamento.
Pur trattandosi di bovini, vi è una differente destinazione dei due esemplari: il bue è destinato alla macellazione, mentre il toro alla riproduzione. Questa differenza ha comportato anche nell’immaginario collettivo una grossa differenza tra il timido e lavoratore bue e il virile e possente toro. Quest’ultimo pare più adatto alla riproduzione, alla trasmissione dei suoi geni alle generazioni successive. Non a caso nelle raffigurazioni più comuni la coda del toro, che richiama una simbologia fallica, è ritta verso l’alto mentre quella del bue è bassa e penzolante tra le gambe.
Le loro differenze non sono da ricercare nelle caratteristiche di specie o di razza, poiché per loro è comune (la Bos Taurus appunto). Tutto dipende dal suo ruolo all’interno dell’allevamento. I buoi vengono castrati nei primi mesi di vita, dato che sottoporre l’animale a questa operazione dopo il compimento del primo anno di età potrebbe sottoporlo a uno stress inutile ed eccessivo, che in alcuni casi può essergli fatale.
Si tratta in entrambi i casi di bovini, quindi potremmo definirli ‘discendenti’ dallo stesso animale, ovvero il vitello. Ma dopo i quattro anni di vita le differenze tra i due animali saranno sancite dalla loro destinazione futura: la macellazione (ma anche il pesante lavoro nei campi) o la riproduzione. Quello che definisce il loro destino è il possesso di alcune caratteristiche genealogiche, di conformazione fisica e di razza pregiata.
Sebbene il toro sia più prestante fisicamente, il bue è sicuramente più resistente nel lavoro dei campi. Già nell’antichità il suo ruolo nella coltivazione delle terre era fondamentale: pensiamo che in assenza degli odierni macchinari agricoli, il grosso del lavoro era totalmente affidato a questi animali, che si affiancavano a carri e rudimentali aratri.
Questa specie ha naturalmente anche il suo esemplare femminile: si tratta della mucca. Anch’essa viene indicata con nomi differenti a seconda della sua età:
fino al primo anno di vita è detta ‘vitella’, tra i 12 e i 20 mesi di età è detta ‘sorana o manzetta’ se non ha ancora partorito. Quelle in gestazione sono invece definite ‘giovenche’. E dopo i tre anni di vita? Si chiama ‘vacca’ se ha già partorito oppure ha meno di tre anni ma è incinta.
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F.C.
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