Fa discutere il decreto anti-cinghiale emesso dal Tar Liguria a tutela degli agricoltori: ecco i dettagli della vicenda che ha portato all’adozione del discusso provvedimento.
Gli agricoltori liguri potranno imbracciare il fucile e abbattere i cinghiali che attentano alle loro culture, laddove sussistano delle situazioni di estrema gravità che non consentano di adottare altre tipologie di interventi. Questo il sunto del provvedimento adottato dal Tar Liguria, che tanto ha fatto e tanto farà discutere sulla questione animale, tema sempre più caldo.
La vicenda giudiziaria
Lo scorso 16 agosto la seconda sezione del Tar Liguria ha emesso un decreto che ha accolto l’istanza di misure cautelari presentata da un imprenditore agricolo, a tutela delle colture delle propria azienda.
Ed in attuazione di tale decreto, che abbiamo ribattezzato anti-cinghiale, il ricorrente sarà autorizzato a spianare il fuoco contro gli ungulati che attenteranno ai frutti del suo raccolto; certo, solo laddove sussistano situazioni di estrema gravità e di urgenza tale da non consentire il ricorso ad una misura alternativa, ma è comunque un provvedimento che fa discutere.
Va chiarito che si tratta di un’istanza cautelare, e che dunque il Tar ligure si pronuncerà collegialmente, in camera di consiglio, sulla domanda presentata dal ricorrente, il prossimo 9 settembre. Ed almeno fino ad allora, in presenza delle condizioni su descritte, l’agricoltore sarà autorizzato a sparare.
Il precedente è indubbiamente significativo; per quanto al momento fornisca una misura preventiva per il solo ricorrente, esprime un principio sulla base del quale altri agricoltori, nella stessa situazione, potranno appellarsi.
Insomma, una decisione discutibile, che ha suscitato polemiche per certi versi simili a quelle che hanno accompagnato l’emanazione della Legge anti-lupo della Valle D’Aosta.
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Le falle di un sistema malato
L’agricoltore ha presentato il ricorso al Tar non prima che l’Ambito Territoriale di Caccia (Atc) territorialmente competente avesse respinto la sua richiesta di difendere il proprio territorio.
La struttura ha il compito principale di pianificare, a livello regionale, gli indirizzi gestionali per lo svolgimento dell’attività venatoria. A fronte dell’esito negativo della propria istanza, l’agricoltore ha rivolto le proprie istanze al Tar Liguria, che le ha accolte.
Difficile individuare i cattivi della storia. È indubbio che la decisione giurisdizionale del Tar, nel contenuto, sia decisamente discutibile; ma è anche difficile, tuttavia, immaginare quale tipologie di rimedi avrebbe potuto disporre nei confronti del ricorrente, i cui interessi sono palesemente lesi da una cieca politica che ha alterato equilibri tra cacciatori e prede, coevamente assottigliando l’habitat di entrambe le categorie.
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E la toppa, in questi casi, è irrimediabilmente peggio del buco.
Forse i problemi sarebbero molto più facile da risolvere laddove ci si rendesse davvero conto che la più invasiva delle creature è proprio l’essere umano, e non certo il cinghiale.